da La Sicilia del 4 novembre

di Carmelo Riccotti La Rocca

Una donna straordinaria, capace di favorire l’integrazione, unire ceti e culture differenti. Era una mamma e una guida. Stiamo parlando di Michela Brisindi, donna divenuta simbolo nell’epoca in cui il gentil sesso era poco considerato. Questa donna, ai molti sconosciuta, ha rappresentato un punto di riferimento per interi nuclei familiari letteralmente spaesati dai mutamenti che hanno segnato la storia del paese.

Erano gli anni 50, la guerra era finita e Scicli si apprestava a iniziare una nuova era. Le case popolari servirono a completare l’esodo dalle grotte di Chiafura a valle e dei quartieri più degradati.

A Jungi, dove adesso c’è il campo sportivo Polivalente, furono realizzate 11 palazzine che dovevano accogliere le famiglie più povere del paese. In quelle abitazioni si trovarono famiglie provenienti da quartieri diversi, per molte era la prima esperienza abitativa all’interno di una casa degna di essere chiamata con quel nome. L’integrazione tra i vari nuclei non fu affatto semplice, così come l’adattamento dei residenti alle nuove condizioni sociali e abitative. Fu per questo motivo che l’Istituto che gestiva le case popolari, inviò a Scicli la prima assistente sociale.




Michela Brisindi mise piede in città nel 1956 e l’approccio, ovviamente, non fu tra i più semplici. Il suo compito era quello di “civilizzare” le famiglie, accompagnarle nel processo di sviluppo e adattamento ai nuovi usi e costumi imposti da una società che piano piano stava evolvendosi. Per tutti diventò la signorina Brisindi, il punto di riferimento per ogni evenienza: problemi idrici, questioni in famiglia, con enti pubblici ecc. Michela abitava al piano terra delle case popolari, una parte l’adibì ad asilo, un luogo dover poter intrattenere ed educare i bambini, fare iniziative sociali e culturali. Era impegnata su tanti fronti, favorì perfino la nascita di una squadra di calcio dei ragazzi di Jungi. L’assistente sociale si spese molto per i bambini, organizzò diversi concorsi invitando anche famiglie facoltose. Tutto ciò al fine di dare un futuro a questi ragazzi. Un insegnante di Scicli, ad esempio, ha potuto completare gli studi grazie all’intercessione dell’assistente sociale che lo portò da una famiglia di benestanti la quale decise di adottarlo.

Ma sono tanti i ricordi legati alla presenza di Michela Bisindi a Scicli, come quella volta in cui si battè per portare acqua e luce nelle case popolari. Preparò le donne all’arrivo dei tecnici convincendole a far trovare abitazioni pulite e dignitose. La risposta rabbiosa di una signora che non voleva lezioni su come tenere la casa, le provocò un malore.

Michela Brisindi oggi ha 91 anni, vive a Legnano con il figlio, ma in estate si sistema nella sua abitazione di Fontane Bianche. È lì che è andata a trovarla un gruppo dei “ragazzi di Jungi”, oggi tutti con i capelli bianchi, capitanato da Padre Concetto Di Pietro che di Michela Brisindi prese il testimone continuando quel percorso di socializzazione per un quartiere che all’epoca era considerato mera periferia, ma che in poco sarebbe cresciuto sotto ogni punto di vista. Padre Di Pietro arrivò a Scicli negli anni 60 e due anni del cammino lo fece insieme proprio a Michela Brisindi.

L’incontro avvenuto a Fontane Bianche, a detta dei presenti, è stato intenso e commovente. L’ultima visita di Michela Brisindi a Scicli risale al 2002 in occasione di una mostra di Luigi Fidone che proponeva molti scatti dell’epoca che ritraevano anche l’assistente sociale.

Durante il colloquio, Michela Brisindi ha saputo che Enzo Giannone è diventato sindaco dicendosi orgogliosa di quel ragazzo di Jungi che si è fatto strada.