PEPI Gaetano cl. 46Istanze depositate a tamburo battente: circa una a settimana per tentare in tutti i modi di fare uscire dal carcere la famiglia Pepi: i fratelli Antonio, Alessandro e Marco e il padre Gaetano, l’unico che si è reso responsabile del delitto dell’agricoltore vittoriese, Giuseppe Dezio, il 2 febbraio scorso. Da 8 mesi i quattro sono reclusi nella casa circondariale di Ragusa.

Le ultime quattro istanze sono state presentate al gip del tribunale di Ragusa, Giovanni Giampiccolo, nelle quali Giuseppe Lipera, legale degli indagati, ha chiesto che vengano autorizzati agli arresti domiciliari in una casa presa in affitto lontano da Vittoria, anche a 100 km di distanza. Richieste non accolte. La motivazione ha lasciato spiazzato il penalista e la famiglia dei Pepi.

“I Pepi sono tutti colpevoli e poi sono socialmente pericolosi”, questo il motivo della mancata scarcerazione. Rimangono con l’amaro in bocca le mogli con a carico figli minorenni che cercano quotidianamente i loro papà. Mogli disposte a cambiare domicilio, a lasciare tutto pur di trasferirsi lontano da Vittoria pur di rimanere con i mariti, agli arresti domiciliari e garantire l’affetto paterno ai piccoli. L’avvocato non si arrende ma è rimasto amareggiato perché ascoltando la gente di Vittoria ha appreso come i Pepi siano lavoratori, persone dedite alla famiglia e con dei valori ma che hanno avuto la sfortuna nel posto sbagliato nel momento sbagliato, proprio quando l’aggressione con un coltello da parte di Giuseppe Dezio nei confronti di Alessandro Pepi è sfociata nell’omicidio portato a termine da Gaetano Pepi, per legittima difesa.

Una motivazione che spiazza ulteriormente il penalista Lipera perché i dati dei Ris confermano che i fratelli non si sono macchiati del sangue della vittima.

Il 27 ottobre la pm, Valentina Botti, tornerà in carcere per sottoporre a interrogatorio i quattro. A seguito del quale la sostituta potrebbe intraprendere nuove iniziative. Intanto  l’avvocato ha garantito che “scenderà l’Asso che metterà in gioco tutta la ricostruzione degli inquirenti”.

Viviana Sammito