soldiSecondo il Centro Studi CGIA di Mestre in questo mese di dicembre tra  Imu, Tasi, Tari, Irpef, Iva, Irap ed altri balzelli vari gli italiani sono chiamati a versare al fisco 44 miliardi di euro. Ovvero l’astronomica cifra di 88.000 miliardi delle vecchie lire.

Giornata cruciale è stata il 16, “tax day”, ma si continua a tutto spiano in ogni giorno del mese. E poi si continuerà a pagare a gennaio. E poi a febbraio. E poi sempre. I 44 miliardi non comprendono acqua, luce, gas, telefonia fissa, i cui scandalosi aumenti a tre cifre negli ultimi dieci anni basterebbero da soli a giustificare una sollevazione popolare. I più addentro alla materia calcolano nel nostro paese una imposizione fiscale compresa tra il 43,3 per cento e il 49,5 per cento. Tradotto: metà di quello che guadagni se ne va per le voci finora elencate. Con l’altra metà ti devi pagare l’affitto della casa, il condominio, le spese per sportarti – dal carburante ai biglietti ferroviari, dalle autoriparazioni alle non meno scandalose spese per l’assicurazione auto – i costi per mantenere i figli a scuola, il ticket sui medicinali, gli acquisti di cibo e vestiario. Una autentica “camurria” che ancora non si sia riusciti ad inventare qualcosa che tolga questo fastidiosissimo vizio di mangiare!… Sarebbe così più facile destinare ben più del 49,5 per cento alle tasse, no?

Domanda. Quanti dei 44 miliardi di euro previsti alla fine entreranno effettivamente nelle rapacicasse dello Stato? Prendiamo la Sicilia. La regione “pesa” in termini di popolazione poco più dell’8 per cento della popolazione nazionale. In termini economici, produttivi, fiscali meno. Proviamo a stimare che da questo punto di vista “pesi” tra il 6 e il 7 per cento. Andando molto con l’accetta perciò i siciliani hanno versato o stanno versando in questo mese solo di Imu, Tasi, Tari, Irpef, Iva, Irap un ammontare compreso tra 2,6 e 3 miliardi di euro. Ovvero, sempre a beneficio dei nostalgici della lira, poco meno di 6.000 miliardi di lire.

Altra domanda. Ma siete davvero convinti che gli abitanti di una regione stremata, al collasso, sborsino un importo così elevato? O meglio, che siano nelle condizioni di farlo? Da dove prendono questi soldi centinaia di migliaia di padri di famiglia alla canna del gas, licenziati, disoccupati, commercianti falliti, assistiti dalla Caritas, gente che è scappata via lontano per cercare di rifarsi una vita diversa da quella che il deserto produttivo chiamato Sicilia consente?

Se a costoro aggiungiamo lo zoccolo duro degli “evasori a prescindere” il calcolo è presto fatto: sarà ben al di sotto di 3 miliardi di euro. Perché ormai non evadono solo gli “evasori a prescindere” ma anche coloro che hanno sempre pagato regolarmente come schiavi rassegnati. Ormai non ce la fanno più. Non riescono a fare quadrare i loro conti. Sono indebitati fino al collo.

Morale. La morale è che più le tasse sono elevate e sempre meno contribuenti le possono pagare. E’ una strada che non sbocca da nessuna parte. Una imposizione fiscale troppo alta non tiene. Ci perde il cittadino. Ci perdono le imprese. Ci perde lo Stato in tutte le sue articolazioni, da Roma al più piccolo comune che – con la conseguente contrazione della spesa pubblica e l’imperativo dei tagli – si vedrà alle prese con trasferimenti sempre più falcidiati ed entrate fiscali dirette ridotte anche a minacciare ed imporre tutte le more di questo mondo. Perché si riduce giorno dopo giorno la base imponibile di coloro che sono in condizione di versare il proprio sangue a quello che è ormai solo taglieggiamento ed angheria e non imposizione fiscale.

 

 

 

Fonte:siciliainformazioni