tratto da La Sicilia del 6 gennaio 2018

di Carmelo Riccotti La Rocca

“Carissimo Enrico, abbiamo fatto di tutto per salvarti dalle fiamme, ma quel tutto non è bastato. Nessuno merita una fine del genere: sentire gridarti “aiuto” e rimanere inermi è stato terribile; ma tu sai che ti volevamo bene!”. Inizia così la lettera letta ai funerali di Enrico Lutri da un amico a nome di tutto il vicinato ancora scosso per quanto accaduto nella terribile mattinata di mercoledì scorso.

I vicini di Enrico si chiedono se fosse stato possibile fare qualcosa in più per salvarlo da una morte così dolorosa e brutale.

Quello che rimane adesso della tragedia è il dolore e tanti interrogativi, sentimenti messi nero su bianco dai vicini che hanno voluto salutare Enrico con parole semplici ma significative, parole che consigliano una attenta riflessione che deve riguardare tutti, dalle istituzioni ai cittadini e che sottolineano il rapporto della società rispetto ai cosiddetti emarginati o disagiati.




“Forse quando eri fra noi – hanno scritto ancora i vicini- ti avremmo dovuto considerare di più, ma presi dalle nostre cose, dai nostri impegni non abbiamo dato il giusto valore alla tua persona: perché siamo stati egoisti. Tu invece eri disponibile per tutti, avevi sempre un occhio di riguardo e un rispetto enorme per noi e i nostri figli e, con il tuo sorriso e la tua bontà, anche d’animo, solcavi un segno in tutti noi. Scusaci se a volte non abbiamo compreso il tuo disagio o le tue richieste d’aiuto. Adesso, hai smesso di soffrire: ora sei nella gloria di dio e indubbiamente troverai quella pace che non hai avuto qui in terra”.

Alla lettera è seguita poi una riflessione dell’amico Marco Garofalo partendo dalle parole di Paolo VI. “E ora le nostre labbra chiuse come la grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo che si aprono per gridare il De Profundis, il grido di pianto e di dolore. Lo stesso pianto e lo stesso dolore,  che hai sofferto in quel rogo che ti ha rapito a tutti noi. Pianto e dolore che quel Dio della vita che spesso andavi a pregare nell’altare di Santo Stefano a San Bartolomeo, tergerà dal tuo viso. Oggi, contempli sicuramente la gioia del risorto perché aldilà di tutto, Tu credevi”.

Per il saluto finale,  l’amico Marco Garolfalo ha scelto le parole di Sant’Agostino: “Quelli che ci hanno lasciato non sono assenti, sono invisibili. Tengono fissi i loro occhi pieni di gloria, nei nostri pregni di lacrime”.




A Enrico Lutri ha voluto dedicare un ricordo anche l’avvocato Francesco Riccotti: “C’è un momento per ogni cosa. Oggi è il momento di cristallizzare il ricordo di Enrico Maria Lutri nelle nostre menti, nel nostro cuore. Sono stato rapito dall’amicizia di Enrico due anni fa circa. Conserverò il ricordo di una persona, nonostante tutto, elegante nei modi, inquieta, sensibile”. Riccotti ha poi concluso il suo pensiero con le parole di un poeta definito dallo stesso “parimenti inquieto”, vale a dire Charles Bukowski:  ““A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti. Siamo sottili come carta. Viviamo sul filo delle percentuali, temporaneamente. E questo è il bello e il brutto, il fattore tempo. E non ci si può fare niente. Puoi startene in cima a una montagna a meditare per decenni e non cambierà una virgola. Puoi cambiare te stesso e fartene una ragione, ma forse anche questo è sbagliato. Magari pensiamo troppo. Sentire di più, pensare di meno”.

Enrico Lutri non c’è più, ma il suo dramma non può e non deve di certo rimanere vano. Per gli amici Enrico aveva bisogno di continua assistenza e di cure, non doveva stare da solo come invece era la mattina in cui è accaduta la tragedia.