RICEVIAMO PUBBLICHIAMO

comune scicli 4L’arena è calda, gli animi si surriscaldano, le parole viaggiano libere nel flusso mediatico prima di essere passate al vaglio della ragione e del buonsenso: a Scicli è iniziata la campagna elettorale! Lo si capisce dalla frettolosità con cui vengono redatti comunicati stampa e programmi elettorali e dalla proliferazione di “uomini per bene” che decidono di partecipare all’agone delle vicine elezioni amministrative. Che la qualità dei dibattiti politici sia calata lo si percepisce dall’insopportabile sproloquiare di “società civile” e dalla trasversale decisione di rifiutare la logica dei partiti che accomuna tutti i soggetti in campo, da questo fenomeno è possibile trarre un’amara conclusione: l’antipolitica è una forma degradata di retorica, una pericolosa banalizzazione dei problemi tendente a creare una divisione tra un fantomatico ‘noi’ e un miope ‘loro’, dove quest’ultimi risultano essere i super-cattivi, rappresentati ora dalla “Kasta!!1” (identificazione che oramai ha fatto storia nel nostro paese) ora dai burocrati e, in caso di complottismo acuto, dai loschi figuri delle lobby, mentre i vari “noi” sono i combattenti onesti che vengono dal basso, con a cuore la giustizia sociale e la cosa pubblica. Questa visione politica del mondo è sintomo di un infantile ottimismo, buono per autoassolvere il cittadino dalle sue colpe e dai suoi doveri.

Ciò che non sorprende neanche più, e che invece dovrebbe scatenare insofferenza e dunque attiva partecipazione alla creazione di un’alternativa, è la totale omogeneità del linguaggio con cui sono stati elaborati i diversi comunicati stampa: che l’antipolitica abbia fatto irruzione anche negli ambienti più ‘istituzionali’ è immediatamente evidente dall’ingenua contrapposizione tra ‘società civile’ e sistema partitico, quasi a voler esprimere un’irriducibile distacco tra la politica intesa come amministrazione della comunità e l’interesse del privato cittadino: una visione che può convincere solo lo sprovveduto o colui che si interessa della comunità qualora ravvisa la prospettiva di un guadagno personale. L’incontrollata proliferazione di liste civiche usa e getta, che dopo la tempesta delle amministrative scompariranno nel nulla, denota la mancanza di una prospettiva lungimirante, che il partito sia una forma oramai superata non significa che non si possa trarre insegnamento dalla storia di questo ‘strumento’ aggregativo: in primis si dovrebbero porre le basi per laboratori politici permanenti (eredi delle ‘vecchie’ scuole di partito) che riescano ad attirare il singolo cittadino indipendentemente dal fatto che esso possa o non possa essere un potenziale elettore, non si deve cercare il consenso quanto piuttosto lo spirito critico (parola ormai abusata da chicchessia) che solo può fungere da principio di selezione per la creazione di una classe dirigente che sia in grado di tenere in mano l’amministrazione di un comune, indipendentemente dai problemi endemici in esso presenti. La domanda che rivolgo alle prime donne che tra un mese circa si strapperanno le carni pur di entrare a palazzo Palle è la seguente: siete davvero sicuri che appellarsi alla società civile sia una mossa auspicabile? Il compito della politica (dal locale al nazionale) non dovrebbe essere quello di trasfigurare gli egoismi della società civile nell’unità di intenti e visione d’insieme che caratterizzano invece la comunità? La politica deve esprimere la volontà della comunità e non del singolo.

E’ vero, le questioni ideologiche contano poco nel ristretto ambito delle elezioni amministrative, il sindaco è e deve essere un capace amministratore prima ancora di essere un animale politico. E’ altresì vero che il comune non è un’azienda, e in un tempo in cui nessuno ha il coraggio di esprimere la propria ideologia è forse il caso di far rifluire il calore delle proprie idee anche a costo di incontrare l’incomprensione degli altri.

Peccato che si pensi solo a vincere e per farlo bastano i numeri e le alleanze, e si mettono sul tavolo ‘soluzioni’ immediate perché nella ricerca del consenso è meglio solleticare le aspettative di un elettorato incapace di digerire discorsi strutturati e bisognoso di proposizioni semplici e facilmente comprensibili, piuttosto che faticare nella dura e impietosa arte della riflessione.

Giovanni Padua