di Carmelo Riccotti La Rocca

Assolto dopo 7 anni perché il fatto non costituisce reato. È la storia di Rosario Cannizzaro, sciclitano di 37 anni, arrestato nel 2010 per oltraggio a pubblico ufficiale. La sentenza depositata dal Tribunale di Ragusa il 13 novembre scorso parla chiaro e scagiona Rosario Cannizzaro, finito in manette nella notte del 30 maggio 2010 dopo aver tentato di entrare in Via Mormino Penna con la bici.




Nella sera in cui a Scicli si festeggiava la Madonnna delle Milizie, Rosario Cannizzaro passeggiava insieme ad amici portando con se una bici. Prima di fare ingresso nella Via Patrimonio Unesco, si è imbattuto in due vigilesse che lì prestavano il loro servizio. In quel frangente ha chiesto ad una delle vigilesse se potesse transitare in bici nella Via chiusa al traffico. Al diniego delle due ne è nata una discussione che il giudice ha definito più che altro una richiesta di chiarimenti.

“Ad un certo punto – si legge negli atti – Rosario Cannizzaro lascia perdere e inizia a pedalare come per volere entrare in Via Mormino Penna”. Prima di passare avrebbe proferito agli agenti frasi tipo “chi te lo ha insegnato a fare questo mestiere”, ma fino a quel momento nessuna delle due vigilesse gli ha chiesto i documenti, “evidentemente – si legge ancora nella motivazione- perché quella considerazione non è stata ritenuta oltraggiosa”. L’identificazione di Rosario Cannizzaro è avvenuta quando l’uomo ha detto agli agenti: “se sono passibile dei multa prendimi il numero della targa”. A quel punto la situazione è degenerata con l’intervento dei Carabinieri e uno scontro caratterizzato da insulti e culminato con l’arresto dell’allora trentenne.

Dopo sette anni di processo in cui le due vigilesse si sono costituite parte civile, il magistrato ha deciso di dare ragione a Rosario Cannizzaro. Accogliendo le motivazioni dell’imputato, difeso dall’avvocato Rinaldo Occhipinti, il giudice si è soffermato molto sulla tempistica adottata dalle vigilesse per richiedere i documenti a Cannizzaro. “La frase in ordine alla competenza a esercitare il mestiere– si legge nella motivazione- oggettivamente può essere oltraggiosa, come non può esserlo, dipende dal tono. Ne è stato ritenuto integrare gli estremi di reato l’avere il Cannizzaro cercato di passare dalla Via M. Penna forzando il divieto postogli dagli agenti, e anche entrando in contatto con loro che l’hanno fisicamente fermato imbattendosi nella bici. Neanche in quel momento è stato chiesto al Cannizzaro di identificarsi e ciò conferma implicitamente che la condotta tenuta fino a quel momento dal trentenne non era tale da integrare alcuna fattispecie di reato”.

Secondo il giudice gli agenti hanno chiesto i documenti in un momento non decisivo, cioè quando Cannizzaro dice alle due di prendergli il numero della targa “espressione – si legge ancora nella motivazione- che non può avere nulla di offensivo e di serio”.




Per il giudice, infine, non costituisce reato nemmeno il fatto che Cannizzaro abbia fornito generalità false al Carabiniere a cui ha dato un’età di 40 più grande rispetto a quella reale, per quanto la condotta sia stata inopportuna, non può costituire reato perché il militare conosceva Rosario Cannizzaro (aveva detto alla vigilessa: non ti preoccupare perché io lo conosco”) e non poteva mai indurre in errore il richiedente i documenti.