alessia«Non è né la carne, né il sangue ma il cuore, che ci rende padri e figli.» (J. Schiller)

Da alcune cronache del Sinodo dei vescovi sulla famiglia in corso in Vaticano giunge il racconto emozionante di un Vescovo che durante la celebrazione della messa delle prime comunioni in una parrocchia, riporta la storia di un bambino che arrivato all’altare per ricevere sulla mano l’ostia consacrata, l’ha spezzata e ne ha dato un pezzetto ciascuno ai due genitori che, essendo entrambi divorziati risposati, non avrebbero potuto riceverla.

Un gesto di dirompente rottura operata nella più totale innocenza e che ravviva le riflessioni sull’attuale concezione della famiglia.

A voler trovare un definizione univoca di Famiglia ci si cimenta in un’opera ardua e si finisce per scoprire quanto sia difficile attribuire un confine certo a ciò che viene definito nell’introduzione della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza come: <<unità fon-da-men-ta-le  della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri…>>.

Nel corso del tempo la famiglia non è rimasta mai la stessa poiché si è adattata a epoche e tempi diversi, configurandosi come entità multiforme.

Le attribuzioni che concorrono a etichettarla, scorrono una moltitudine di presupposti interpretativi, capaci di fornirci  chiavi di lettura psicologiche , antropologiche, giuridiche, economiche, biologiche , etiche, e, ci consentono l’utilizzo di parole tipo:  famiglia naturale, legittima, monogenitoriale, nucleare, allargata , parentale, di fatto, interculturale, ecc…..

L’immagine della famiglia nucleare formata da due genitori eterosessuali uniti dal sacro vincolo matrimoniale di sua natura inscindibile e con prole, non è certo oggi un modello assoluto…ma non credo debba necessariamente spaventare; Come scrive Massimo Recalcati, noto psicanalista italiano, “la famiglia come istituzione culturale  è soggetta alla storia e alle sue trasformazioni, ma la  sua  funzione educativa  però non viene meno perché  è al legame familiare  che è destinata l’accoglienza  della vita e la sua umanizzazione.”

Nella scelta del nostro punto panoramico sul paesaggio  vasto che la famiglia ci fornisce, vorrei provare a focalizzare i temi del confine– come necessità identificativa – il legame -come presupposto relazionale –  due punti capaci a mio avviso di proseguire l’operato che da sempre è stato affidato alla famiglia nel suo senso più ampio.

Il confine come necessità identificativa

La prima forma di identificazione non può che avvenire all’interno della propria famiglia, luogo di elaborazione delle prime esperienze.  Pertanto  indagare e definire i  suoi confini risulta una pratica necessaria.  Si tratta di definire in che misura la famiglia, come sistema, si protegge dal mondo esterno e come filtra elementi da inglobare  all’interno della sua intimità .

Il confine mi suggerisce un paragone…riportando la mia mente allo spazio e al rapporto  che vede dialogare due Stati confinanti, ed è così che si configura come esercizio di “politica estera” che determina conseguenze sul piano della relazione.

In virtù di questo è fondamentale stabilire quanto debbano essere aperti o chiusi i confini familiari, in modo tale da tracciare e fornire indicazioni utili ai componenti che ne sono membri , e in particolar modo affinché  i familiari di 2a generazione abbiano a sufficienza sviluppato e introiettato senso di sicurezza e  senso di lealtà, ma anche stimolo all’opposizione.

Il confine  in maniera semplice funziona come indicatore di riconoscimento utile per operare inclusione  o esclusione, (“questo è il nostro”: mostra familiarità vicinanza riconoscimento scontatezza  –  “questo non lo è”: indica estraneità attenzione e curiosità) un meccanismo efficace  per leggere e interpretare il mondo nella sua interezza ma che non deve mai scadere in pratiche di chiusura e autoreferenzialismo.

Il riconoscimento dei confini in ogni famiglia diventa fondamentale soprattutto per  gli adolescenti,  poiché ognuno di loro ha un importante compito,  in un determinato momento della sua vita, è chiamato ad emigrare,  diventare  un adulto autonomo e, se possibile, creare una propria famiglia.

Il legame come presupposto relazionale

Il regno animale ci mostra come in natura si realizzi  spontaneamente un riferimento relazionale  forte che calamita spesso i membri di una comunità attorno a un nucleo e come su di essi si impongano convenzioni aggregative.

In molti, idealizzando la famiglia come luogo d’amore, individuano come elemento fondante dell’unità familiare il legame e in particolare il legame affettivo.

La transizione dal mondo animale a quello umano, cioè l’umanizzazione della relazione che passa attraverso l’affetto , si realizza concretamente nel riconoscimento e nel mantenimento dell’individualità e delle sue sfumature, attraverso la capacità di costruire legami positivi soddisfacenti , e,  di vivere le relazioni come occasione  per realizzare se stessi con gli altri.

Tuttavia ogni tipo di legame ha necessità di essere manutenzionato, essi richiedono infatti fatica, lavoro, impegno e voglia di assumersi responsabilità.

L’eredità come rapporto di somiglianze e differenze

L’essere figlio non è solamente  un processo di trasmissione di tipo patrilineare o matrilineare, ognuno di noi è stato figlio. Senza che altri abbiano chiesto il suo consenso ognuno di noi è stato chiamato alla vita  e senza possibilità di scelta è stato destinato,nel bene e nel male, ad una famiglia.

Il rapporto di filiazione immaginato come prolungamento del riconoscimento della propria individualità, ci permette di superare il mero fenomeno biologico alla vita per condurci su un piano di significazione più elevato.

Il nostro “nome” proprio ci fornisce quell’attribuzione di umanificazione di cui solo l’uomo è capace. Il nome ci rende “unici”, segna l’ingresso all’interno dei processi relazionali garantendoci però la nostra unicità.

Nel corso della vita è però accaduto a tutti di interrogarsi, cercando di capire fino a che punto i nostri esempi familiari abbiano influito sulle nostre scelte o quanto queste siano state vissute secondo la propria personalità. Spesso osserviamo la tendenza ad attribuire la colpa dei nostri comportamenti inopportuni verso l’esterno, mentre con grande naturalezza attribuiamo a noi stessi il merito di ciò che più apprezziamo.

In età adulta risulta fondamentale riconoscere il legame interiore che ci lega ai nostri familiari, tanto da permetterci di dar completezza al nostro processo di auto-affermazione.

L’opportunità più grande che ci possa concedere il tema della famiglia, risiede nella riflessione che mi auguro sostenga  pratiche quotidiane di buona genitorialità e, attivi processi di prossimità relazionale capaci di aggiungere valore alla pluralità delle nostre famiglie.

Ritengo utile non discostarsi mai troppo da un margine di incertezza necessaria a ridefinire costantemente il nostro operato all’interno del cosmo familiare,  Bisognerebbe riscoprirsi frutto di  questo amore  ed essere desiderosi di tramandarlo come atto di “donazione”.

Eredità lontana che volge lo sguardo al futuro.

Dr.ssa  Alessia Russo Madone