polizia santa croceLa Polizia di Stato – Squadra Mobile – tempo addietro ha raccolto il grido d’allarme di alcune vittime ragusane, tutte membri dell’associazione “Pro Thalassemici”, già affette da diverse patologie contratte a causa di pregresse trasfusioni alle quali si erano dovute sottoporre a vario titolo.

Le denunce raccolte dagli uomini della Squadra Mobile di Ragusa permettevano di raccogliere primi elementi a carico di due avvocati (o almeno così si erano presentati entrambi ai denuncianti).

Al termine delle indagini, svolte con l’aiuto delle stesse vittime e del loro legale di fiducia, sono stati raccolti gravi indizi a carico di D.M avvocato palermitano di 44 anni e B.L sedicente avvocato palermitano di anni 48, in ordine al reato di truffa aggravata continuata in concorso.

I due soggetti sono accusati di aver indotto le vittime con raggiri ed artifizi, consistiti nell’essersi presentati quali affidabili e credibili esponenti di uno studio legale di Palermo (uno dei due manifestando falsamente di esercitare la professione forense senza averne alcun titolo), per di più asserendo di essere in grado di gestire con competenza professionale specifica, le aspirazioni delle vittime che intendevano avvalersi degli indennizzi e risarcimenti previsti dalla legge 210/92 (INDENNIZZO A FAVORE DEI SOGGETTI DANNEGGIATI DA COMPLICANZE DI TIPO IRREVERSIBILE A CAUSA DI VACCINAZIONI OBBLIGATORIE O TRASFUSIONI).

In pratica, vittime di trasfusioni infette di Ragusa avevano costituito un’associazione denominata “Pro Thalassemici” al fine di poter far rispettare i propri diritti ed anche per rivolgersi ad un unico avvocato esperto in materia per agevolarli nel riconoscimento dei loro benefici.

Lo studio legale interessato è di Palermo, ma aveva dimostrato di intervenire anche su Ragusa senza alcun problema di distanze. Le vittime, nonché clienti dello studio legale, si erano fatte abbindolare da cotanta efficienza e per questo avevano firmato una procura speciale che dava quindi mandato esclusivo a rappresentarle contro il Ministero della Salute. L’avvocato ed il sedicente avvocato  intanto iniziavano ad incassare decine di migliaia di euro senza però che vi fosse una corrispondenza tra quanto percepito e l’attività professionale svolta.

Passati anni dal deposito delle somme di denaro, le vittime continuavano a chiedere un minimo di risultati allo studio legale che continuava a promettere che a breve avrebbero ricevuto quanto di loro diritto.

Dopo mesi e mesi le vittime chiedevano la restituzione del denaro, considerato che nulla era stato fatto e neanche per una minima parte dimostrato.

Le somme consegnate dalle 19 vittime si aggiravano intorno ai 250.000 euro, che per di più non venivano restituite e gli stessi indagati minacciavano che se si fossero rivolte ad altri avvocati avrebbero perso definitivamente quelle somme già versate per la loro prestazione quali legali di fiducia.

 

LA GENESI DEL RAPPORTO TRUFFALDINO

 

Nel 1998 i due indagati fecero le prime riunioni percependo le prime parcelle dagli assistiti, prospettando loro ogni garanzia a protezione dei diritti effettivamente riconosciuti dalla legge:

  • Risarcimento del danno biologico stimato intorno ai 400.000 euro;
  • Risarcimento da danno biologico parentale;
  • Indennizzo di 1.200 euro a bimestre;
  • Interessi relativi all’indennizzo non percepito.

 

Le riunioni non erano altro che un momento per carpire la fiducia delle odierne vittime alle quali venivano sempre prospettate scadenze dei termini e rinnovo di pagamenti di parcelle assolutamente sovrabbondanti e non dovute dai clienti.

Le riunioni stranamente si svolgevano presso camere d’albergo e durante cene  alle quali i indagati erano ospiti, perché erano li per aiutarli, così dicevano “abbiamo a cuore la vostra situazione e la porteremo fino in fondo”.

Nel 2013 i membri dell’associazione dopo aver versato tra i 5 ed i 25.000 euro cadauno agli indagati si determinarono a chiedere un semplice consiglio alla Polizia di Stato. Dopo aver raccolto le loro preoccupazioni, la Squadra Mobile ravvisava subito gli estremi del reato di truffa e per questo le vittime presentavano subito querela, assistite da un unico legale di fiducia che li ha assistiti avendo davvero a cuore la loro situazione.

 

LA RICOSTRUZIONE DEGLI INVESTIGATORI

 

Il rapporto cliente/studio legale per molte delle vittime era nato già nel 1998 quando, avendo contratto malattie da trasfusioni infette, era loro diritto chiedere un risarcimento danni ed un indennizzo allo Stato, così come previsto per legge del 1992.

Nel corso del tempo, gli indagati, quali presunti legali (solo uno di essi si scoprirà esercitava la professione forense), avevano instaurato un rapporto di fiducia con gli odierni denuncianti, giungendo a carpirne la fiducia nel corso di numerose riunioni effettuate in vari locali del ragusano ed in altri centri della Sicilia, compresi hotel.

I due indagati dapprima seguivano insieme le pratiche degli assistiti poi, su Ragusa veniva incaricato di occuparsi degli assistiti uno solo di essi, presentato a tutti come avvocato quando invece era solo laureato, difatti risponderà oggi anche di esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesto un titolo abilitativo.

Nel 2010 già dopo più di 10 anni i due complici si separavano ed al sedicente avvocato veniva promesso di poter gestire i malati di Ragusa e quindi di continuare ad incassare soldi.

Dopo tanti, forse troppi anni qualcuno dei malati si insospettiva anche grazie all’aiuto di internet ed alla partecipazione su forum dedicati alle vittime.

Confrontandosi con altri malati, i ragusani apprendevano che persone nelle stesse condizioni avevano conferito neanche 1.000 euro agli avvocati (per altro non era necessario farsi assistere da un legale in quanto si trattava di un beneficio di legge e non di intentare una causa), a dispetto dei 25.000 consegnati da alcuni di loro come parcella.

Le troppe domande dei clienti mettevano a rischio il rapporto con i presunti truffatori, quindi uno di loro si negava alle vittime e l’altro spariva del tutto.

Grazie ad un’attenta ricostruzione della Squadra Mobile di Ragusa è stato possibile descrivere dettagliatamente la condotta prevista dal reato di truffa  da parte dei due indagati.

Decine le persone ascoltate presso gli uffici della Polizia di Stato, così come gli accertamenti fatti a Palermo presso Università, Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Comune.

Dopo aver raccolto fondamentali elementi di riscontro rispetto a quanto dichiarato dalle vittime, gli uomini della Squadra  Mobile hanno effettuato accurate indagini patrimoniali che hanno permesso di stimare il valore immobiliare ed i conti correnti, così come i depositi titoli degli indagati.

I due indagati dopo aver carpito la fiducia degli ammalati, hanno via via chiesto somme di denaro senza alcun motivo plausibile, inducendo in errore le vittime, facendo loro credere di dover far fronte a spese inesistenti o a scadenze imminenti che richiedevano il versamento di somme di denaro anche arrivando a diverse migliaia di euro per complessivi 25.000.

 

I SEQUESTRI

Le indagini condotte dalla Polizia di Stato hanno permesso al Pubblico Ministero di Ragusa Dott. Francesco Puleio, che ha coordinato le indagini, di chiedere la misura cautelare del sequestro di tutti i conti correnti, conti depositi e titoli dei due indagati.

Il reato di truffa, anche se aggravato, non consente la possibilità di richiedere una misura cautelare in carcere, pertanto i due sospettati saranno processati in stato di libertà, salvo poi essere condannati e scontare la pena presso una casa circondariale.

Il Pubblico Ministero ha però chiesto ed ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari Dott. Maggioni il sequestro preventivo di 155.000 euro. Il Giudice ha ritenuto che la Squadra Mobile abbia congruamente documentato i fatti reato, raccogliendo univoci e concordanti responsabilità in ordine all’attività illecita dei due indagati.

In sostanza i due soggetti hanno agito direttamente sulla psiche delle persone ingannate, pur di raggiungere il fine dell’ingiusto guadagno, approfittando inoltre della condizione di debolezza e di bisogno delle persone offese, soggetti già sofferenti per le patologie derivanti da trasfusioni infette.

Gli uomini della Polizia di Stato hanno appurato che l’ammontare del denaro pagato come parcella (da qui il nome dell’operazione) era di circa 300.000 euro ma il Giudice ha dovuto procedere al sequestro della metà dell’importo in quanto molti dei reati erano andati prescritti per decorrenza dei termini.

La Squadra Mobile di Ragusa ieri ha notificato i decreti di sequestro dei conti correnti e deposito titoli dei due indagati paralizzando ogni loro attività economica. Il sequestro ha il fine di evitare che i due, una volta notificato l’avviso di garanzia, possano disperdere il loro patrimonio o trasferirlo ad altri. Adesso le vittime, se condannati i due indagati, potranno essere risarcite grazie al denaro sequestrato.

“La Polizia di Stato grazie al rapporto di fiducia instaurato con le vittime, è riuscita a ricostruire il singolo rapporto di ognuno di loro con gli indagati, raccogliendo fondamentali elementi di prova. L’indagine è stata particolarmente complessa perché il rapporto era iniziato nel 1998 e molti elementi erano difficili da inquadrare rispetto alla truffa”.

“La Squadra Mobile di Ragusa invita tutti i cittadini che avessero bisogno di un consiglio, rispetto ai fatti a loro accaduti, a rivolgersi in qualsiasi momento agli investigatori. Le truffe, che purtroppo colpiscono proprio le persone più vulnerabili, hanno come scopo quello di mettere doppiamente in difficoltà le vittime; le persone offese dal reato, spesso non denunciano perché temono di essere giudicate come disattente, quindi subiscono anche una <<vittimizzazione secondaria>>, dovuta alla vergogna di essere state ingannate. La Polizia di Stato può solo offrire un aiuto alle vittime o potenziali vittime, cercando comunemente una soluzione prevista dalla legge”.