di Viviana Sammito

veronica panarello 4Il Gup, Andrea Reale, si è ritirato in camera di consiglio ieri alle 14,30. Alle 19 è arrivata la sentenza: trent’anni di reclusione in carcere, 5 anni di libertà vigilata, il pagamento di una provvisionale nei confronti delle parti offese: per Davide 250mila euro, per il fratellino di Lorys, 100mila euro e altri 100mila euro per i nonni paterni.

Il giudice ha escluso la premeditazione e le sevizie condannando l’imputata per omicidio e occultamento di cadavere a 30 anni, il massimo della pena con il rito abbreviato. L’unica aggravante riconosciuta è il grado di parentela con la vittima.

Il Gup non ha sostenuto la tesi della difesa, secondo la quale, l’unica colpa della Panarello è stata quella di stringere le fascette ai polsi di Lorys, contestando alla sua assistita solo la violenza  privata.

Il giudice non neanche considerato le attenuanti generiche, tanto care all’avvocato della difesa, Francesco Villardita, che ha sempre puntato sulle condizioni di vita dell’assistita e sull’infanzia e sull’adolescenza tormentate che hanno contribuito, secondo la difesa,  a maturare un disturbo della personalità.

Dopo la lettura del dispositivo, la Panarello si è alzata piangendo e ha abbandonato l’aula scortata. Lei si professa ancora innocente e non riesce ad accettare la condanna. Villardita farà ricorso in appello, dopo avere letto la motivazione, che sarà depositata entro 90 giorni.

Il gup ha anche trasmesso gli atti per calunnia in procura considerando che è stata esclusa la presenza di Andrea Stival, nei luoghi del delitto e dell’occultamento del cadavere, contrariamente a quanto riferito dalla Panarello che invece aveva chiamato in concorso nell’omicidio il suocero, tirandolo in ballo anche come movente. L’indagine, che era stata aperta per atto dovuto, sarà archiviata.

Davide, il papà di Lorys, da ieri ha dovuto fare i conti con la verità processuale che conferisce ogni responsabilità alla donna che ha sposato, madre dei suoi figli. Un uomo ferito, distrutto ma che ha sempre affrontato il dolore con dignità ma con la lettura del dispositivo  non ha avuto tutte le risposte che forse cercava: continuerà a chiedersi perché Lorys è stato ucciso. Il rapporto conflittuale tra madre e figlio, come recita l’esito della perizia dei consulenti delle parti civili, può essere così grave da generare un omicidio? La Panarello ha certamente avuto una vita difficile ma chi non ce l’ha? Chi non ha avuto traumi e delusioni? Basta questo per giustificare un delitto? Lei continua a dichiararsi innocente e altro non dice più.

 

Ieri è stata una lunga giornata dedicata alle controdeduzione delle parti interessate. Un’udienza iniziata intorno alle 10 e conclusa alle 15. Alle 19 la sentenza.

L’accusa ha iniziato a parlare di perizia psichiatrica, esiti dell’autopsia, arma del delitto e movente.  Il sostituto procuratore, Marco Rota, ha puntato il dito contro la relazione dei consulenti della difesa, una perizia che contrasta con gli esiti dell’accusa: per quest’ultima, Veronica Panarello, è <<una lucida assassina, bugiarda, manipolatrice>> che ha premeditato il delitto, secondo Villardita soffre di un disturbo istrionico – bipolare che incide parzialmente sulle azioni.  Da questo punto è iniziata l’udienza con le controdeduzione delle parti.  L’arma del delitto: la procura ha ribadito che i segni sul corpo di Lorys sono compatibili che le fascette mentre la tesi della difesa, cioè del cavo usb, “trova grossi limiti”, ha riferito il medico legale, Giuseppe Iuvara. Altro punto: il movente. I dati dei tabulati, che registrano il picco di telefonate tra suocero e nuora, nel mese maggio non sono attribuibili al movente: perché si riferiscono a giorni antecedenti all’inizio presunta relazione. Poi non c’è traccia, non c’è prova che i due abbiano avuto un rapporto extraconiugale. Dopo il pm, ha parlato Daniele Scrofani, il legale del papà di Lorts, Davide. L’avvocato ha accusato i consulenti della difesa in riferimento agli esiti delle perizie espletate che, secondo il legale della parte civile, non fornito alcun dato scientifico ma si adattano ai cambi di versione dei fatti di veronica Panarello.

Poi è intervenuto Francesco Biazzo, legale di Andrea Stival, che ha pregato tutti affinchè non si parli più della relazione extraconiugale, perché in un procedimento penale non si possono sostenere delle tesi senza le prove.

Per due ore, Francesco Villardita, ha esposto le sue controdeduzioni con passione, animando l’aula e a tratti urlando: Non ci sono le prove. Il legale ha contestato la procura in due punti: non ha saputo dimostrare come la Panarello avrebbe stretto al collo le fascette e poco ha discusso della premeditazione.

Alla fine il giudice ha accolto la richiesta della procura solo in parte: confermando la condanna a 30 anni, escludendo la premeditazione. Quindi si è trattato di un dolo d’impeto? Nella motivazione è racchiusa forse una nuova ricostruzione dei fatti sul delitto: come viene giustificato il sopralluogo nel canalone prima dell’omicidio e l’auto parcheggiata nel garage per pochi minuti. Tra i punti su cui l’accusa aveva ipotizzato la premeditazione.  E il giudice Reale non ha considerato le sevizie, sebbene il pm Marco Rota in aula ha raccontato che Lorys è rimasto in agonia per 15 minuti prima di essere gettato, tra limine e post mortem nel canalone. Ma non è stata contestata l’aggravante perché il corpo non è  risultato martoriato. E mentre in aula si parlava dell’azione omicidi aria, delle sofferenze di Lorys, e delle fasi successive al delitto, Veronica non ha avuto alcuna reazione. Il suo volto gelido. Lei è rimasta impassibile.