EL MESHRI Haitem 01.01.1988  TunisiaEL FARIATI Aziz 20.09.1995  Marocco

La   Squadra Mobile di Ragusa con la Compagnia dei Carabinieri di Modica ed alla Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Pozzallo, ha eseguito il fermo di Haithem El Meshri, tunisino di 26 anni e Aziz El Fariati, marocchino di 19 anni, in quanto si associavano con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perchè è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

Gli arrestati hanno condotto dalle coste libiche a quelle italiane una fatiscente imbarcazione carica di oltre 400 migranti di origini siriane ed eritree. Tra i migranti vi erano 60 donne, 80 minori e 20 neonati.

 

Alle   15.15 di giovedì una nave della Marina Militare italiana soccorreva un’imbarcazione in legno di 15 metri circa in quanto imbarcava acqua ed a bordo vi erano centinaia di persone in difficoltà ed alcune di queste stavano molto male. Nel corso delle operazioni di avvicinamento il personale della Polizia Giudiziaria notava che uno degli occupanti il natante in legno gettava in mare un navigatore GPS che veniva prontamente recuperato.

La nave militare approdava a Pozzallo alle  14  del 25 aprile scorso dove avevano luogo immediatamente le attività della Polizia giudiziaria.

Le operazioni di sbarco venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano decine di Agenti delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’Asp per le prime cure.

Successivamente gli extracomunitari venivano ospitati presso i locali del C.P.S.A. sito all’interno della succitata area portuale al fine di sottoporli alle difficoltose e delicate fasi di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa.

Dopo aver soccorso ed assistito i migranti, la Polizia di Stato iniziava le procedure di identificazione e di intervista insieme ai mediatori, dalle quali emergeva la paura per gli scafisti.

Gli operatori di Polizia individuavano in pochi minuti i sospettati grazie alla loro professionalità ed esperienza acquisita negli innumerevoli sbarchi gestiti fino ad oggi. I sospetti ricadevano su un cittadino marocchino ed uno tunisino per altro di nazionalità diversa rispetto ai 244 uomini, 61 donne, 94 minori e 12 neonati tutti di nazionalità siriana ed eritrea.

Da una scrupolosa perquisizione fatta nei primi istanti dello sbarco si acquisivano importanti elementi probatori, in quanto uno dei due arrestati era in possesso di centinaia di euro ed un telefono cellulare sul quale veniva riscontrato che tra gli sms in arrivo alcuni erano inerenti il pagamento elettronico di quasi 15.000 euro per l’avvenuto approdo. Gli sms debitamente tradotti dalla lingua araba consentivano di raccogliere fondamentali elementi di prova a loro carico. I due scafisti venivano quindi condotti nell’ufficio di Polizia sito all’interno del C.P.S.A per la compiuta identificazione ed uno di questi dagli accertamenti in banca dati in uso alle Forze di Polizia, vantava numerosi precedenti penali ed altri ingressi irregolari in Italia, elemento che faceva presumere la sua attività di scafista già svolta in altre occasioni.
Dopo aver isolato gli scafisti, gli investigatori non perdevano tempo per entrare in empatia con i migranti. Un sorriso, un saluto, una pacca sulla spalla ed una bottiglia d’acqua, rassicurandoli sul futuro al fine di trovare la giusta confidenza, quella “chiave d’accesso” alla loro testimonianza.

 

I racconti dei cittadini siriani sono particolarmente difficili da ascoltare senza farsi coinvolgere emotivamente. Uno dei migranti è particolarmente arrabbiato con gli scafisti e le organizzazioni criminali che speculano sulle loro disgrazie. Tra le altre dichiarazioni rese alcune sono durissime:

ho lasciato la Siria unitamente alla mia famiglia da un anno e mezzo a causa dei disordini ancora in atto, sono entrato in Libia fove ho preso in affitto una piccola abitazione dove è nato il mio terzo figlio che ad oggi ha soli 3 mesi. In Libia ho effettuato svariati lavori per mettere da parte la necessaria somma per il trasferimento della mia famiglia in Italia ed unicamente in tale territorio, desiderio questo che rientrava nei miei obiettivi già prima di lasciare la mia nazione natia in quanto volevo raggiungere il Nord Europa. In più occasioni, nel corso della mia permanenza in Libia ho contattato soggetti appartenenti alle organizzazioni dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina via mare verso l’Italia, ma da un punto di vista economico e per via dei miei figli non potevo aderire. Ho quindi pazientemente atteso fino a quando non ho accumulato la necessaria somma che era di 5.000 dollari USA per il trasferimento clandestino di tutta la mia famiglia.

Mi hanno fatto alloggiare un’abitazione fatiscente ove erano presenti 3 numerose famiglie siriane nonché una donna di nazionalità tunisina. Appena ho fatto ingresso in quella struttura ho dovuto corrispondere la somma pattuita per il viaggio. Nessuno di noi poteva uscire dalla casa così come avevano ordinato gli organizzatori ed eravamo sempre vigilati. Bastava poco per far si che gli addetti alla vigilanza si scagliassero violentemente contro di noi all’interno della struttura ed in particolare contro di me. Sin dal mio arrivo nella struttura mi hanno picchiato solo perché ho guardato la donna tunisina mentre questa lasciava definitivamente la casa. Mi hanno picchiato ancora perché ho chiesto di poter lasciare la casa in quanto non volevo più partire per l’Italia e mi hanno risposto “chi entra qua non esce più”.

Finalmente il 24 aprile, alle 4 del mattino, nella casa giungeva uno degli organizzatori che faceva salire me e tutta la mia famiglia nonché un’altra famiglia composta da 6 soggetti, di cui 4 bambini, sulla sua grossa auto per portarci in un capannone e farci accedere all’interno di questo.

Il capannone era di notevoli dimensioni e all’interno di esso vi erano stati concentrati tutti i soggetti che dovevano imbarcarsi alla volta dell’Italia che mi dicevano di essere li da settimane. La partenza dal capannone avveniva poco tempo dopo dal mio sopraggiungere nello stesso. A bordo di furgoni venivano portati su una spiaggia vi si trovava un grosso gommone sul quale, a gruppi, venivamo fatti salire per poi, raggiungere un peschereccio. L’affollamento sul peschereccio era incredibile eravamo messi uno sopra l’altro e faticavamo a muoverci. Inizialmente le condizioni del mare erano buone, poi, con il passare del tempo, le stesse peggioravano fino a raggiungere livelli tali da rappresentare pericolo di vita per tutti quanti noi ed io temevo per i miei figli. Il viaggio aveva una durata di circa 22 ore ed intorno alla ventesima ora i due scafisti hanno chiesto soccorso; il più giovane dei due ebbe a dire che aveva richiesto “agli italiani” soccorso. Il peschereccio imbarcava acqua a causa di una falla allo scafo. Dopo circa 3 ore dalla richiesta di soccorso su quel punto di mare giungeva una nave militare italiana sulla quale tutti quanti venivamo trasbordati.

A bordo del peschereccio vi era solo dell’acqua niente cibo. A nessuno di noi è stato distribuito da mangiare! Non vi erano dei mezzi di salvataggio a bordo del peschereccio, tranne per chi aveva pagato di più per averli, era un servizio aggiuntivo!

L’esperienza e la professionalità degli investigatori della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza ha permesso dopo lunghe ore d’indagine di addivenire all’esatta identità degli scafisti, responsabili di aver percepito ingenti somme di denaro al fine di procurare l’ingresso clandestino in Italia dei migranti messi in serio pericolo di vita considerate le condizioni dell’imbarcazione utilizzata per la traversata.

I testimoni dopo aver fornito un’attenta descrizione dei responsabili dell’organizzazione criminale, indicavano senza alcun dubbio coloro che avevano condotto l’imbarcazione. E’ chiaro che questi elementi fanno parte di una complessa associazione a delinquere gravitante in Libia ed in altri paesi africani che da anni organizzano questi viaggi ed assoldano come scafisti chiunque abbia la spregiudicatezza di affrontare il mare a scopo di lucro.

Fondamentale l’acquisizione di un video girato con uno smartphone da parte di uno dei migranti dove viene ripreso il giovane magrebino mentre timona il peschereccio e da ordini in lingua araba ai passeggeri. Dal filmato si evince come questi parlasse anche la lingua italiana difatti si sente la sua voce all’indirizzo della nave italiana dire “aiuto aiuto”.

Le indagini condotte dal Gruppo Interforze durate 36 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto gli autori di un reato così grave, per il quale centinaia sono i migranti morti durante le traversate per raggiungere le coste italiane, così come accaduto poche settimane addietro.

Dall’esame dei telefoni cellulari sottoposti a sequestro, è stato possibile esaminare le conversazioni dei due scafisti con il resto dell’organizzazione ed i due criminali hanno percepito quasi 15.000 euro attraverso una transazione elettronica. Anche le organizzazioni straniere si stanno evolvendo al fine di eludere i controlli della Polizia. In passato gli scafisti erano coloro che venivano trovati in possesso di ingenti somme di denaro, oggi, hanno compreso che i sequestri per loro erano una grave perdita ed hanno scelto di pagare con transazioni elettroniche per scongiurare il problema.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria, gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea.

In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui i fermati fanno parte.

La Polizia di Stato, la Guardia di Finanza ed i Carabinieri stanno ancora continuando le indagini per gli altri sbarchi avvenuti sulle coste di Pozzallo con grande impegno considerando che nelle prossime ore sono stati segnalati ulteriori migranti in arrivo. “Gli uomini della Polizia Giudiziaria stanno lavorando 24 su 24 al fine di identificare gli scafisti, criminali che lucrano sulle spalle dei migranti provando ad eludere le leggi italiane”.