passiamu #7 Luglio – Verso Cavadexit
- 5 Luglio 2016 - 7:41
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Del padre Giove, D(Z)eus superno sovrintendente di tutti noi divi e semidivi in sembianze umane, il mese dedicato inizia il dieci giugno e termina il sette luglio. La festa solstiziale di Giano anticipa di qualche giorno gli onori tributati al quasi omonimo Giovanni – ancora si posticiperanno oltre, negli alti Iblei, i fuochi e i tripudi in gloria al Re della Quercia decapitato, ma – pur nella diversità apparente della tradizione di riferimento – il senso rimane il medesimo nel tempo immemore: quindi, come nel bel mezzo del freddo inverno, così ora è l’afosa estate il teatro dell’inamovibile mutamento ciclico. La porta viene fatta ruotare sui cardini, come una macina. Sui cardini la triplice bianca diva lunare spinge i flutti e sposta le maree ben oltre il conosciuto orlo dell’asciutta sabbia. Conosciuto, come noto, per la memoria che se ne ha dal tramonto avvenuto nella giornata precedente. Il mormorare notturno delle onde è tuttavia stato avvertito nel dormiveglia, e al risveglio restano i fragori d’inerzia dei cavalloni a chiarire gli avvenuti eventi. La Cardea dea amante di Giano ne è stata causa silente e luminosa. L’elemento femmineo notturno e il mascolino della solarità, Janus e Jana (Diano e Diana), Juppiter (da Jun – pater, padre Giano) e Juno (Giunone), sono rappresentazione sponsale di una unica forma, ossia nient’altro che la Res Bina di cui si sostanzia il tutto per come ci circonda e di cui noi stessi “siamo”. La spuma intanto tange la polla d’acqua sorgiva, nel marasma della fine rena dorata. Questo è il simbolo finale della immaterialità di Cavalarica, per meglio dire il senso significante di ciò che risale alla coscienza impalpabile, la dissociazione archetipica d’una astratta entità di sogni costituita e spesso confidenzialmente descritta col nome di Cavalarica.
Con tali premesse concettuali mi accingo in questi giorni a cercare la quercia divinatoria, così da propiziarmi al meglio la seconda parte dell’anno a venire. Tuttavia sono scettico, e per tale motivo fondo buone ragioni nella possibilità di accomodarmi presso l’ombra di uno dei tanti tra i rigogliosi pini marini di questa pertinente area geografica. O sacra uruca a te mi inchino e chiedo non il che fare, ché il non-fare già mi prefiggo come aspettativa benevolmente mutualistica (meno si fa, meno male si rischierà di provocare al prossimo. Questo dovrebbe predicare il buon sacerdote!), invece questiono delle cose concrete e di ciò che riguarda la condizione stilitica di villeggiante in Cavalarica. Sostanzio nella forma la domanda: “Che risponderemo ai foresti i quali con insana curiosità a loro volta ci chiedono delle sorti di quei ruderi chiari e famosi che erano e sono le insigni rimembranze di un passato glorioso nella ristorazione? ; che sarà, che è qual novità, della fu-Scogliera?”
Il Veglio della Montagna di Bruca ha già parlato, egli ad esempio, il numinoso, è perplesso della risoluzione veloce della classica questione docce. Perigliosa novità in effetti, questa, di un incerto avvio d’estate. Egli dice: “Se le docce funzionano già da Giugno, ci manca solo che il mare sia pulito e questa non sarà più Cavalarica! Di che protesteremo dunque se cominciassero malauguratamente pure i lavori di restauro dell’antico tempio ristorativo della Scogliera? Non avremo più nulla di che parlare, e forse anche il nome di Cavalarica dovrà temere della sua essenza ontologica.”
In verità i saggi discepoli del Veglio si chiedono, in merito alle docce, se ne sia valsa la pena di sobbarcarsi di un probabile superiore costo economico conseguenza dell’appalto a società privata, pur di garantire la presta funzionalità dei trasparenti e clorurosi fluidi dissalanti. Si chiedono se non era meglio lasciar la gente, ben sapida, a inquietarsi e dialogare, ché questo è riconosciuto segno di socialità e di dialettica diffusa. La Civiltà non si fonda forse sulla lamentela? Più ci lamentiamo, meglio vanno le cose per tutti, così ci consoliamo abitualmente. Peraltro – altra situazione dai risvolti gravissimi – il disappunto per le fallite strisce blu sul lungomare va crescendo. Il residente abituale cavalarichese era contrario alle strisce e già sollevava alte le grida di protesta, quando il dietrofront imprevisto di Comune e Cooperativa di gestione dei parcheggi a pagamento li ha colti impreparati mentre ancor il piglio guerriero in volto gli si stagliava feroce. Come sfogheranno costoro la loro furia titanica? La Hybris sopita avrà conseguenze ben peggiori, qui ne siamo certi. Così, affinché si scongiuri l’estinzione dell’ultimo dei refrain classici di ogni discussione balneare in terra di Cavalarica, si tenta in queste ore di fondare un comitato in tutela dei ruderi dell’antico Ristorante La Scogliera; mutuando gli impegni annosi di chi si muove in tutela dello Stabilimento del Pisciotto, come esempio di archeologia industriale, la speme si riversa tutta nella volontà di fondare la verità di una necessaria tutela di un bene patrimonio dell’umanità cavalarichese, in nome di una nuova categoria che il Veglio stesso denomina “archeologia eno-gastronomica”. Così è stato detto. Ma gli aruspici sono ancora al lavoro e la divinazione sarà lunga. Qualcuno azzarda la possibilità di un eventuale Cavadexit e già in molti progettano per settembre di non più tornare in quel di Scicli. “Noi non abbiamo strisce blu, inoltre come Porto Franco siamo esenti da imposte, per non parlare di altri benefici sugli alcolici. Infine anche qui, come a Scicli, importiamo birra Triple. Per qual motivo dovremmo dunque tornare in paese?, Scicli se la tengano stretta i turisti e coloro che appresso gli vanno, noi restiamo a Cavalarica.”, parole che furono profferite in spiaggia, forse con troppa leggerezza. Per tal motivo ti interrogo, o sacra uruca. Nell’attesa di un risposta, glorifichiamo il nome di Giove nel suo mese, alzando a palla il volume dell’autoradio mentre ascoltiamo la Sinfonia in Do maggiore K.551 di Mozart. Siamo truzzi, ma con classe.
Gaetano Celestre
Cinà
Caro Gaetano stavolta la debbo grevemente redarguire. Lei si crogiola tra le spumeggianti acque di Cava d’Aliga, interroga gli aruspici della sacra Urùca mentre i suoi (più o meno) coetanei organizzano convegni e cabaret sul futuro della città. Interrogano la massima esperta in Italia, senatrice Padua, e la notoriamente bistrattata Stefania Prestigiacomo sul mancato rispetto delle pari opportunità tra maschiacci italici e deboli femminucce sicule; e lei che fa?
Non so potrebbe organizzare un convegno sulla fonte primaria dell’acqua calda in città, o sulla tonalità del grigio dei sampietrini di largo Gramsci. Insomma sgomiti! Si faccia avanti e dica la sua su questi problemi esiziali per il futuro di Scicli.
Gaetano la smetta di trastullarsi con Giove, Giunone e Iside, qui c’è chi sta distribuendo corone di pane per il recupero della cittadinanza, lo capisce? E poi ci sono i commissari che stanno pensando ad un ordinanza per ad apporre, obbligatoriamente, un cordoncino blu al collo dei nascituri sciclitani al modico costo di € 0,50 per ogni poppata dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 24.
Insomma bisogna intervenire e, dopo un’attenta consultazione degli aruspici, pensavo che il tema del prossimo dibattito sul futuro dei cittadini di Scicli potrebbe essere incentrato sul collegamento tra il diritto di cittadinanza e il tempo di scoppio delle bollicine prodotte dai frizzantini dei vitigni nostrani… Gaetano si faccia coinvolgere, non mi dica di no perché qui è in ballo il futuro della millenaria Scicli! Per Bacco!!!
Gaetano Celestre
Ho forse tergiversato troppo negli agi dell’ozio, carissimo Cinà. Il mio sonno dogmatico fugge ora, e subito mi predispongo all’azione. Cioè, capiamoci, quando dico “subito”, sono volutamente generico. Cosa sono una manciata di secoli nel procedere inesorabile della Storia, del resto? E se il tempo poi gira e ritorna come volevano le ellenico-agricole usanze avite, ebbene io non ricuserò l’invito, prima o poi. Forse più poi che prima, e mi vado convincendo che occorre tenere in conto la possibilità di reincarnarsi, al fine di predisporre qualunque progetto a medio e lungo termine. Al momento, invece, io consiglio: stiamoli a guardare, i figli di Pindaro, che dal moyjito passano alla politica come niente fosse. Non me ne voglia chi si sentirà eventualmente “pungere”, mi riferisco all’andazzo generale della Civiltà, prescindendo assolutamente dalle solo potenziali propaggini sociali sciclitane. Infine, probabilmente, non di tutta l’erba si potrà fare un fascio. Speriamo, guardiamo, e aspettiamo. D’altro canto chi li ha preceduti non ha certamente fatto bene.
Comunque, fatte le premesse, il tema da lei proposto per un possibile dibattito mi piace parecchio, potrebbe davvero coinvolgermi. Inoltre alcune nuove idee mi balenano come folgori inaspettate nel cielo di Luglio. Nei giorni scorsi alcuni foresti, in buona fede, mi hanno fermato sulla battigia proponendomi con serietà il progetto di un tour antiquario nel circondario di Cava d’Aliga. Ma allora, mi sono detto, perché non mutuare il trenino direttamente dal luminoso esempio barocco manifestantesi nella sacra Scicli, e condurne gli esiti pratici anche in questa nostra amena località estiva?! Immagini, il trenino che fa su e giù dal colle di Bruca alla Via Valdo, e le varie fermate dove poter gustare i prodotti locali e discutere magari di riforma costituzionale, descrivere i ruderi della Scogliera, narrare delle ipotesi sulle larghe e profonde strisce di sostanze ancora indefinite che baluginano nel mare, etc etc … Il progresso di un territorio è anche questo. Non si sa verso cosa progredisce, ma verso qualcosa progredisce certamente. In cerchio? Perdoni la ripetizione, non ha notato anche lei che per quel che riguarda lo scenario politico sembriamo ripiombati d’un tratto nel bel mezzo degli anni ’80? Facciamoli fare, tanto tutto ritorna, ne abbiamo le prove ormai. Onoriamo sempre Bacco.