Poteva essere molto di più e molto meglio.

Come Noto non è solo palazzo Nicolaci, Modica è anche , ma non solo, San Giorgio.

Ignorare San Pietro, altro monumento per il quale si è ottenuto il riconoscimento Unesco, o dimenticare che la città è meravigliosa anche per la complessità del suo centro storico, specchio di una lunga storia che parla mille lingue, non ha aiutato a raccontare Modica fino in fondo.

Mancavano i visi ed i volti che raccontano una storia millenaria, anche rispetto alla tradizione dei mastri cioccolattieri, riassunta solo dal movimento di anonime mani.

E’ mancato qualsiasi accenno alla lunga e gloriosa storia, alle 100 chiese, ai tanti fiumiciattoli e canali che la attraversavano e che la rendevano agli occhi dei visitatori la “Venezia del Sud”.

E’ mancato qualsiasi accenno alla dominazione araba ed alle sue vestigia, all’eccidio dell’Assunta, una delle stragi di ebrei più rilevante prima dell’Olocausto, alla chiesetta bizantina, unica nel suo genere, ed alla rete di conventi ed edifici religiosi che ne hanno fatto un piccolo Vaticano.

E’ mancato Quasimodo, sono mancati i tanti intellettuali che ne hanno segnato la storia; è mancato il Liceo Classico, tra i più antichi e prestigiosi d’Italia; è mancata Cava Ispica, il sito archeologico più esteso d’Europa dopo Atene.

Tecnicamente è stata errata la scelta delle location e del giorno; il monologo davanti all’entrata laterale di San Giorgio è stato noioso e per nulla interessante: un infinito stand up, senza soluzione di continuità e con immagini ripetitive di una chiesa chiusa che dava il senso di un monumento morto, senza brillare della magnificenza dell’interno.

Anche il cioccolato è stato sacrificato da un racconto troppo sbrigativo e tecnicamente lacunoso, impoverito da un’immagine anonima della lavorazione, concentrata solo sul movimento di mani senza nome ne volto, quasi fosse la ricostruzione di un fatto di cronaca; nessun cenno ai nostri maestri cioccolattieri, a chi ha storicamente promosso e difeso il nostro cioccolato; persino nessun cenno al recente riconoscimento di qualità.

Luci opache e cupe, in netto contrasto con le immagini di Noto, poca cura dei particolari, e l’idea di un pezzo di trasmissione fatta in fretta e male, in una grigia giornata invernale, da mandare a fine serata, in un orario più adatto agli spogliarelli (semmai se ne fanno ancora) che ad un documentario culturale.

Grazie lo stesso Alberto, ma meritavamo di più e meglio; anzi, scusaci la confidenza: siamo decisamente di più e meglio, da Modica a Noto, da Ragusa a Scicli.

Noi siamo, con orgoglio, il Val di Noto, e questo basta.

Piero Torchi