Se hai deciso di leggere questo articolo ci sono soltanto due motivazioni: la prima è che ti ha colpito il titolo ed eri curioso di vedere dove l’autore volesse andare a parare, la seconda invece che sei consapevole dell’amara realtà culturale italiana. Per entrambi i motivi, stai continuando a leggere anche adesso, quindi cercherò di essere il più sintetico ed esaustivo possibile.

Secondo l’articolo pubblicato due giorni fa dal sito online del quotidiano Repubblica (Link all’articolo) nel 2012 oltre 26 milioni di italiani dichiarano di aver letto un libro, ma una famiglia su dieci non ha neanche un volume in casa (neanche la Bibbia?). Si legge di più nel Centro-Nord e nelle aree urbane. Più lettrici che lettori. Nel 2011 la produzione libraria è scesa del 9,4%, le tirature del 5,9%. Per accrescere la domanda si punta su librerie indipendenti, grande distribuzione e, ancora poco, vendita online. Oltre 1 milione e 900 mila persone comprano in rete libri, giornali, riviste o e-book (per approfondire leggete l’articolo linkato).

Ogni mio commento su questi dati sarebbe polemico e superfluo, visto che ne ho già trattano negli articoli precedenti, così lascio a te rifletterci sù. Quello che mi preme sottolineare è il fatto di come, in Italia, venga intesa la cultura: una cosa da gettare nel cassonetto. Secondo te è un’affermazione troppo forte? Non credo, visto quello che è accaduto ieri sera a Bari: un uomo muore e vengono gettati nel cassonetto tutti i libri della sua biblioteca, tra l’altro proprio davanti a una libreria (amara ironia). Per i parenti del lettore defunto i libri non erano altro che un qualcosa di inutile e ingombrante da sbarazzarsene il più in fretta possibile, neanche fossero appestati. E in questo incredibile fatto io ci vedo l’attuale situazione della cultura italiana: una cosa da gettare via, uno spreco, addirittura un surplus e un costo, roba da intellettuali con la puzza sotto al naso, di una stretta cerchia di persone che “sprecano tempo a leggere piuttosto che pensare a guadagnare (e quindi poi spendere) sempre di più”.

Per dimostrarvi che in Italia ci sono persone che credono nella cultura, vi riporto alcuni esempi recenti: proprio due giorni fa è stato inaugurato il XXVI Salone Internazionale del Libro a Torino, che si terrà fino al 20 maggio. Oltre alla presenza delle case editrici vengono organizzati dibattiti, interviste, incontri con gli autori, e molti altri interessanti eventi culturali. All’inaugurazione del Salone il nostro capo dello Stato Napolitano ha dichiarato che “i libri e la cultura costituiscono un pilastro insostituibile della democrazia” ma ha anche aggiunto che “in Italia si legge troppo poco”. Inoltre Massimo Bray, il ministro dei beni culturali, ha dichiarato che “mi batterò per trovare i soldi per la cultura, il progetto a cui vorrei legare il mio impegno è rilanciare la cultura in Italia, che deve essere elemento fondamentale del cambiamento, il volano della ripresa economica ma soprattutto elemento fondante della necessità di ricostruire il nostro Paese. […] Il libro credo sia uno dei più importanti beni comuni che abbiamo, che va tutelato, valorizzato e difeso”.

Auguro al ministro di rilanciare la cultura in Italia, come ha affermato, ma al di là di queste frasi di circostanza, quello che mi ha commosso e che mi da speranza che la cultura in Italia possa davvero riesplodere sono state le persone che hanno fatto la fila per entrare al Salone nonostante la pioggia battente.

Nella foto (http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/05/16/foto/in_coda_al_lingotto_sotto_la_ pioggia-5891063 2/1/#1) mi colpisce, in basso a destra, il sorriso limpido e sincero di una ragazza che tiene aperto l’ombrello, e con questa immagine voglio vedere il futuro di noi lettori italiani, che nonostante i tempi avversi, resistiamo e sorridiamo al nostro futuro che vogliamo costruirci con onestà, democrazia e libertà. Ovviamente accompagnati sempre da un buon libro (che sia cartaceo o digitale poco conta!).

 

Francesco Camagna