di Viviana Sammito

L’Italia della non crisi, l’Italia che vuole e crede nel cambiamento: esiste. Expo Milano 2015 ne è un esempio. Code chilometriche agli ingressi per l’acquisto dei biglietti, code per visitare i padiglioni, code per consumare uno spuntino, code per il caffè, code per le degustazioni del cioccolato modicano, code per andare alla toilette. Expo mette a dura  prova i nervi e minaccia la stabilità psichica dell’uomo più paziente e calmo al mondo. Ma il mondo c’era all’Expo e faceva la coda, anche sotto il sole. Per ore. Quattro anche sette ore di code: un avviso all’ingresso di ogni nazione informa sui tempi d’attesa e sull’eventuale ipotesi di munirsi di brandina.

Code lunghissime, fino a circondare tutto il padiglioni, per entrare in Angola, Giappone, China, Corea, Thailandia, (dove hanno anche ricostruito il <<floating market>>, il mercato galleggiante) Qatar e soprattutto negli Emirati Arabi. Questi hanno ricostruito un oasi all’ingresso ed all’interno il futuro, con dimostrazioni in 5D, ed un video che è il senso del tema dell’Expo: l’acqua, la nutrizione ed il clima. Gli Emiri si stanno già preparando per Expo 2020.  Code anche per visitare la pagoda del Nepal: ad accoglierti al piano inferiore c’è il Buddha circondato da fiori di loto, adagiati su una stretta vasca; a creare l’atmosfera da meditazione, in un parterre avvolto dai profumi e dai sapori orientali, sono i canti in sanscrito dei monaci buddhisti. A fare da cornice alla mega costruzione in teak, le preghiere appese ad un filo, che prendevano forma in base al soffio del vento. Andiamo in Italia, con il suo fiore all’occhiello: l’albero della Vita e un solo neo. Tra le bellezze architettoniche, riprodotte in 5 D, ed in tutta alla stanza, grazie alla disposizione degli specchi, c’è anche il duomo di San Giorgio di Modica, che per il ‘pavillon’ italiano è San Pietro.

Oltre a questo, L’Italia ha sfoggiato il suo più bell’abito.

7 mesi di progettazione, dal progetto preliminare all’esecutivo; 14 mesi di cantiere; oltre 200 professionisti coinvolti; 3 imprese italiane per realizzare l’involucro ramificato e la vela di copertura di Palazzo Italia con tecnologie all’avanguardia ; 27.000 mq di spazi, a prevalente uso espositivo .

Il concept guida del Padiglione italiano è “Vivaio Italia”: uno spazio protetto che aiuta i progetti e i talenti a germogliare, offrendo loro un terreno fertile in grado di dare visibilità e accoglienza alle energie giovani che operano nel Paese.

La metafora del vivaio si presta a molteplici interpretazioni, valorizzando alcuni aspetti della cultura e della società italiana in questa fase di cambiamento: un vivaio di idee, proposte, soluzioni, per tutto il Paese. Soluzioni che il Paese Italia offre alla comunità globale. Uno spazio di crescita, sviluppo, formazione.

Padiglione Italia propone risposte e contenuti di approfondimento disposti secondo quattro assi concettuali: la potenza del saper fare, la potenza della bellezza, la potenza del limite, la potenza del futuro.

Al piano terreno è l’arte contemporanea italiana ad offrire i primi spunti di riflessione ai visitatori. Un dialogo tra classicismo e contemporaneità perfettamente in linea con gli stilemi proposti da Padiglione Italia.

21 storie da 21 regioni che raccontano il nostro saper fare, ovvero: ingegno, creatività applicata, innovazione attraverso un’installazione di sculture raffiguranti uomini e donne che compongono una sorta di “tableau vivant”. Una rappresentazione ultramoderna di professioni capaci di rappresentare le attività economiche più significative e distintive del territorio. Storie di donne e uomini impegnati ogni giorno a rendere la nostra terra ricca e produttiva. E noi ve li vogliamo presentare.

La Potenza del Saper Fare

Abruzzo – Niko Romito  

Studia economia, poi, prendendo in mano il ristorante di famiglia in un piccolo paese dell’Abruzzo, si appassiona alla cucina, da autodidatta. Oggi il Ristorante Reale è un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale e il monastero del Sedicesimo secolo che lo ospita è sede di una scuola che avvia giovani talenti alle professioni dell’alta ristorazione.

Alto Adige – Harald Gasser

Harald produce verdure in regime di permacultura, in un piccolo appezzamento di terra in posizione scoscesa. Un luogo impervio, improduttivo per sette lunghi anni malgrado le sue cure amorevoli. Oggi, con molta dedizione e rifiutando l’impiego di qualunque agente chimico, Harald produce ortaggi straordinari utilizzati dai migliori chef in tutta Italia.

Basilicata – Francesco Cucari

22 anni, studente di ingegneria, è l’inventore del “Dizionario dei Rifiuti”, l’APP che aiuta i cittadini a fare la raccolta differenziata, in modo semplice ed efficace. Ha avuto l’idea a soli 18 anni da una necessità personale e oggi è diventata una startup di successo. Nel 2014 ha avuto mezzo milione di utilizzi ed è possibile usarla in oltre 70 comuni d’Italia, inclusa Roma.

Calabria – Pina Amarelli

È la “signora della liquirizia”, quella calabrese, considerata la migliore al mondo. La liquirizia, radice infestante dalle grandi proprietà, deve essere estirpata dal terreno prima di poter coltivare. Pina Amarelli l’ha trasformata in materia prima per gli chef di tutto il mondo, diventando leader europea nel mercato della prodigiosa pianta.

Campania – Susanna Moccia  

La famiglia Moccia di Gragnano produce pasta su larga scala con tecniche artigianali. Processi di essiccazione, materie prime, trafilatura: tutto concorre a creare una pasta di eccellenza. L’ideazione di formati originali e un prodotto di altissima qualità hanno fatto del pastificio un marchio riconosciuto in tutto il mondo. 

Emilia-Romagna – Giuseppe Pedroni

La storia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è il racconto di piccole botti che maturano per decenni un tesoro da gustare in gocce. La famiglia Pedroni, da generazioni, produce grandi aceti utilizzando metodi tradizionali combinati a innovazione e notevoli capacità imprenditoriali. Una tipicità locale ormai conosciuta ed esportata in tutto il mondo.

Friuli Venezia Giulia – Joško Gravner

A cavallo tra Italia e Slovenia una storia di eccellenza raggiunta attraverso un percorso a ritroso nel tempo e il recupero di una tradizione antica: la vinificazione in anfore interrate, il vino come si faceva ai tempi dei romani. I vini del “contadino Joško Gravner”, come ama definirsi, sono ai vertici delle guide enologiche del mondo.

Lazio – Lucia Iannotta

Figlia e nipote di olivicoltori e frantoiani, dopo gli studi universitari decide di prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia per creare qualcosa di nuovo, un’azienda moderna ma attenta alla tradizione. Gli oliveti di proprietà, il frantoio, la linea d’imbottigliamento, tutto il processo è costantemente monitorato per “interpretare” al meglio la cultivar Itrana.

Liguria -Ertan Belollari

Di origine albanese, arriva in Italia nel 2000. Ha lavorato la cultivar taggiasca per molte aziende dell’entroterra imperiese. Oggi è titolare dell’Azienda olivicola Belollari&Figli in località Monti a Pontedassio, un piccolo comune vicino a Imperia. Al momento vende le sue olive ma ha un sogno: “Vorrei produrre un’etichetta mia, portare il mio olio direttamente al consumatore”.

Lombardia – Massimiliano Brambilla

Massimiliano e il fratello Matteo hanno realizzato una vigna-cantina-laboratorio, dove università e associazioni possono studiare la vite e sperimentare: un vero e proprio laboratorio di ricerca e sviluppo dedicato al vino, all’insegna della sostenibilità ambientale. Il territorio è quello dell’Oltrepò Pavese, un luogo vocato per condizioni climatiche e composizione del suolo.

Marche – Francesca Petrini

Una famiglia di produttori d’olio, un sapere che si trasmette da generazioni potenziato da studi e approfondimenti scientifici, ulivi secolari in una zona particolarmente vocata in cui l’aria di mare permette di ridurre l’insorgenza di malattie nelle piante. Questa è la storia di un’azienda di successo che esporta il 70% della propria produzione all’estero.

Molise – Carmelina Colantuono

Carmelina ha ripreso l’antica tradizione della transumanza. Pratica divenuta anti-economica e ormai quasi scomparsa, ma straordinario strumento di riscoperta del territorio. Il cammino del bestiame riapre vie di comunicazione in disuso (gli antichi tratturi), riattivando un “tessuto” cancellato dalla storia ma presente nella memoria collettiva.

Piemonte – Guido Martinetti

Fondatore, insieme all’amico e socio Federico Grom, delle gelaterie Grom. La prima gelateria viene inaugurata nel 2003 con il sogno di fare “il gelato come una volta”: con le migliori materie prime e senza aromi, coloranti, conservanti o emulsionanti. Pochi anni dopo, viene fondata l’azienda agricola biologica Mura Mura: la gestione diretta dell’agricoltura è infatti il segreto per avere la frutta più buona. La filosofia dell’azienda trova compimento nel progetto ecologico Grom Loves World: niente plastica, ma Mater-Bi, carta FSC e raccolta differenziata.

Puglia – Carmelo Fanizza

Carmelo è biologo marino, ha lavorato in paradisi tropicali ma è tornato a casa, nel Golfo di Taranto, una delle zone più antropizzate d’Italia ma anche un “hotspot” per la presenza di cetacei. Trovare finanziamenti per le sue spedizioni era un problema… Poi l’idea: unire ricerca e turismo.  Con “Ricercatore per un giorno” Carmelo e il suo staff hanno trasformato i turisti in assistenti biologi, creando sensibilizzazione sul tema, conoscenza del territorio e garantendo risorse per il proseguimento dei progetti di ricerca.

Roma Capitale – Vincenzo Mancino

Il lavoro di Vincenzo si sintetizza in quattro punti: rispettare il tempo delle stagioni e della natura, accorciare la distanza tra una grande città e la sua campagna, rifiutare la globalizzazione alimentare che porta all’appiattimento del gusto, tramandare le tradizioni della propria terra. Per fare questo, da anni seleziona prodotti della campagna laziale e li commercia nel suo punto vendita di Roma.

Sardegna – Daniela Ducato

È stata premiata nel 2013 a Stoccolma con l’Euwiin International Award come miglior innovatrice d’Europa nell’edilizia “verde”. Tutto nasce da un’intuizione: trasformare le eccedenze delle lavorazioni agricole in materiali per l’edilizia. Il suo oggetto simbolo è il nido, un’architettura perfetta che mescola mondo minerale, terra, fibre, paglia, lana…

Sicilia – Carla La Placa

È una “seed saver”: fa parte di un network internazionale impegnato nella salvaguardia del patrimonio mondiale di semi e colture. Carla è tornata nei luoghi della sua infanzia per coltivare cereali. Oggi ha recuperato cereali e semi quasi estinti e li ha reintrodotti nella filiera alimentare sotto forma di farine per pane e pasta.

Toscana – Petrova Radoslava

Bulgara di origine, è la fondatrice della prima cooperativa di donne pescatrici in Italia. Praticano una pesca sostenibile che utilizza reti a maglia larga e rispetta i ritmi biologici del pesce. Hanno scelto, per la commercializzazione del prodotto, la filiera corta, attraverso il contatto diretto con il cliente. Il loro obiettivo è educare a un consumo di pesce “povero” e al rispetto delle risorse ittiche.

Trentino – Andrea Rosani

Ingegnere, insieme a un gruppo di colleghi impegnati nell’agricoltura di precisione, ha ideato Melixa: un sistema di controllo e gestione dell’apicoltura attraverso hardware e software “cloud based”, che permettono di monitorare e controllare il lavoro delle api e preservarle da pericoli che porterebbero alla riduzione delle colonie.

Umbria – Marco Caprai

È uno dei “signori del Sagrantino”: uva scomparsa e recuperata in un antico monastero. Oggi è tornata alla ribalta grazie a un gruppo d’imprenditori illuminati, supportati dalle università italiane. Marco Caprai non solo produce un grande e pluri-premiato Sagrantino, ma lo fa nel pieno rispetto delle regole della sostenibilità, adottando sistemi innovativi, dalla vigna alla cantina.

Valle d’Aosta – Hervé Barmasse

Guida alpina di quarta generazione. Ama arrampicare in solitaria ed è uno dei più affermati scalatori del panorama mondiale. Ha aperto nuove vie sul Cervino, primo nella storia dopo Walter Bonatti. Oggi, oltre ad arrampicare, è impegnato a trasmettere l’amore per la montagna e i suoi valori attraverso il cinema e la fotografia.

Veneto – Lorenzo Cogo

Lorenzo è la quarta generazione di una famiglia di ristoratori. È il più giovane chef/imprenditore stellato d’Italia. La sua cucina unisce sperimentazione a valorizzazione dei prodotti del territorio. Del suo lavoro dice: “La mia missione è dare voce ai prodotti della mia terra”. Organizza incontri tra giovani chef da tutto il mondo, finalizzati allo scambio di “saperi” e tradizioni.

Siamo a metà del primo piano e dobbiamo passare dalla “distress chamber”:  il TG NEWS WALL (monitor con news feed su emergenze ambientali) che conduce ad una esperienza di stress psico-fisico e invita, in modo perentorio, ad una riflessione sullo stato del nostro pianeta, con immagini che riguardano le catastrofi ambientali e l’inquinamento.

La vera potenza della bellezza italiana arriva al secondo piano: paesaggi, architetture e dettagli di interni mozzafiato ripresi con tecniche che valorizzano la loro unicità.

Le vedute, gli interni, i paesaggi appaiono replicati visivamente grazie ad un sistema a specchi (riflessioni) e a tratti scomposti (caleidoscopio) per produrre una visione originale, un nuovo sguardo sulla bellezza e un effetto di riproduzione infinita che avvolge il visitatore.

Al termine del piano, il visitatore è accolto da un’ultima sorpresa: l’installazione sulla bellezza vissuta con gli altri sensi.

Un percorso sensoriale al buio accompagna i visitatori a scoprire un mercato, attraverso udito e olfatto.

Ad un primo momento di disorientamento segue una iper-attivazione delle capacità sensoriali pronte a recepire e interpretare gli stimoli proposti sotto forma di odori, forme e consistenze diverse.

Al termine del percorso il visitatore ri-guadagna la visione e scopre “La Vucciria” di Renato Guttuso, perfetta sintesi degli stimoli raccolti nel percorso in assenza di vista.

Un capolavoro da riscoprire e di cui godere la maestosità.

L’arte, come epilogo del viaggio nella bellezza, sancisce definitivamente il patto uomo-cibo-territorio.

Al terzo piano c’è l’appuntamento con la Potenza del limite e la potenza del futuro: creatività ed ingegno dalle regioni e dai territori; il futuro raccontato come superamento di un limite.

Storie di persone, normali e straordinarie che, grazie al loro ingegno, hanno vinto battaglie contro piccole e grandi avversità, trasformando gli ostacoli in idee che cambieranno il nostro futuro. Ologrammi, oggetti e brevi cortometraggi sono gli strumenti di racconto.

La presenza dominante di una replica dell’Albero della Vita al centro della stanza, con le sue fronde in diretta connessione con i protagonisti del racconto, simboleggia la metafora su cui si basa l’intero percorso del padiglione e completa la risposta italiana ai quesiti posti da Expo 2015.

L’ALBERO DELLA VITA

 Segno italiano, icona globale

“L’Albero della Vita” è il segno fisico che sintetizza il percorso concettuale del Padiglione: affonda le proprie radici nelle eccellenze del Paese Italia (Palazzo Italia, spazi espositivi) le raccoglie (Cardo), e le offre con un gesto ampio e simbolico, che ricorda la diffusione dei semi (L’albero della Vita).

Realizzato grazie agli sponsor Coldiretti, Pirelli, al lavoro di Orgoglio Brescia, consorzio di 19 imprese Bresciane e allo Studio Giò Forma.

La struttura, con i suoi 37 metri di altezza e una circonferenza di 45 metri è pensata per essere una macchina scenica per offrire al pubblico uno spettacolo ogni ora per tutta la durata dell’esposizione universale con fontane, musica, luci, colori, proiezioni e spettacoli pirotecnici.

IL PROGETTO DEL PADIGLIONE ITALIA

Il progetto del Padiglione Italia è il risultato di un concorso internazionale di progettazione aggiudicato da Expo 2015 S.p.A. nel Maggio 2013; su 68 studi partecipanti è risultato vincitore il progetto architettonico di Nemesi con Proger e BMS Progetti per la parte ingegneristica relativa alle strutture e agli impianti e il Prof. Livio De Santoli per la sostenibilità dell’edificio.

«Abbiamo immaginato un’architettura che rappresentasse l’idea dello stare insieme e la capacità di riconoscersi in quanto comunità attraverso una struttura innovativa, contemporanea, che tenesse conto della grande tradizione dell’architettura italiana. Palazzo Italia cerca una spazialità complessa, ricca, che fa del dialogo delle parti un elemento fondante». Michele Molè, fondatore e direttore Nemesi.

Dopo l’Expo avrà ancora l’Italia un volto così bello?

Foto: Vincenzo Canto

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