L’incipit di Anna Karenina (di Tolstoj) cade a pennello per questo romanzo: “Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”. Quello che leggerete è un romanzo, per dirla in poche parole, che ci descrive una famiglia americana del Midwest. Tutto qua.

Premessa

Ho comprato questo libro per caso, mentre girovagavo in libreria. Notai il nome dell’autore, che avevo sentito più di una volta in tv, e decisi di leggere una sua opera. In realtà avrei preferito leggere Libertà, certamente la sua opera più celebre, ma poi ho saputo che Le correzioni veniva cronologicamente prima e allora mi sono deciso e l’ho acquistato. Ma non l’ho letto subito. Il romanzo è rimasto nello scaffale “libri da leggere” per mesi e mesi, fino a qualche giorno fa quando mi sono deciso ad iniziarlo. Non riuscirò mai a spiegare come faccia a scegliere i libri che ho da leggere (e sono tanti, ahimé!) ma avevo capito e sentivo che dovevo leggere proprio questo. Fa parte della categoria dei libri che ti tengono sveglio la notte, che avresti voluto leggere subito, che divori in pochi giorni nonostante la mole di pagine, che ti isolano completamente dal mondo, che non ti accorgi (e non ti importa) che il tempo scorre velocemente intorno a te.

Quarta di copertina

Enid e Alfred Lambert, in una città del Midwest americano, trascinano le giornate accumulando oggetti, ricordi, delusioni e frustrazioni del loro matrimonio: l’uno in preda ai sintomi di un Parkinson che preferisce ignorare, l’altra con il desiderio, ormai diventato scopo di vita, di radunare per un «ultimo» Natale i tre figli allevati secondo le regole e i valori dell’America del dopoguerra, attenti a «correggere» ogni deviazione dal «giusto». Ma i figli se ne sono andati sulla costa: Gary, dirigente di banca, vittima di una depressione strisciante e di una moglie infantile; Chip che ha perso il posto all’università per «comportamento sessuale scorretto»; infine Denise, chef di successo che conduce una vita privata discutibile secondo i Lambert.

Recensione

La prima impressione che ho avuto, durante la lettura di questo lungo romanzo (600 pagine ma non le senti e divorate in una settimana), è la grande abilità di Franzen di riuscire ad entrare nei personaggi che ci narra: all’inizio della storia ci presenta questa coppia del Midwest, Enid e Alfred, due genitori che hanno i loro pregi e difetti e che vivono per rivedere i loro figli. E poi pian piano vivremo letteralmente nelle vite diverse e collegate di ciascun figlio e di tutta la famiglia Lambert: i genitori appunto, il figlio maggiore Gary, sottomesso dalla moglie Caroline (che ho trovato irritante), il secondogenito Chip, ex professore che vive a New York,e l’ultima nata Denise che fa la chef in un importante ristorante di Philadelphia. L’autore è abile nel “riassumerci” un poco a poco tutte le vite di queste persone, dall’infanzia fino all’età adulta ed inevitabilmente senti di provare simpatia e affetto per loro (questo è il punto forte, secondo me, del romanzo e dello stile di Franzen). Io personalmente ho trovato molto di me, come comportamenti e riflessioni personali, da ciascuno di loro, dalla più giovane Denise al più vecchio padre di famiglia, Al. E lo stesso credo accadrà o è già accaduto a chi leggerà o ha già letto questo romanzo fiume.

Il tema del libro sono le correzioni, ovvero ognuno dei protagonisti che conosceremo vive delle vere e proprie correzioni: tutti sbagliano, così come accade a ciascuno di noi. Tutti e tre i figli sono letteralmente fuggiti dai genitori. Forse perché la madre è rimasta con la morale americana degli anni ’50, ancora bigotta e critica su tutto, forse perché il padre non riusciva a trasmettere affetto e dimostrava freddezza, insomma le motivazioni di questo distacco dalle radici familiari sono tante e diverse.

Enid è una collezionatrice compulsiva di roba vecchia ed inutile come i buoni della spesa scaduti da anni, candele mai utilizzate, ricette ingiallite, riviste spaiate mai lette, eccetera. Vive soltanto per accudire suo marito come se fosse uno dei suoi figli tornato bambino e per organizzare il Natale coi suoi veri figli. Enid vive accanto ad un uomo che si ostina ad immaginare diverso da quello che è. Decisa a ignorare l’evidente crollo di salute fisica e psichica di Alfred e i fallimenti lavorativi e sentimentali dei figli, ella porta avanti con quell’aggressività tipica delle personalità passivo-aggressive le piccole manipolazioni necessarie per realizzare la sua ossessione definitiva, quella di vedere riunita tutta la famiglia attorno al focolare domestico per un ultimo Natale da trascorrere tutti insieme.

Alfred non fa altro che passare le giornate seduto nella sua poltrona blu preferita (ancora incellofanata) a guardare la tv e a “schiavizzare” sua moglie. Lui è stato un ingegnere ferroviario e adesso è in pensione, soffre di Parkinson e la demenza senile comincia a farsi strada in lui. In Alfred Franzen ha fatto un lavoro eccezionale, riuscendo a descriverci e a presentarci come la malattia, la demenza senile, trasforma l’indefesso lavoratore e severo capofamiglia in un vecchio malato che perde ogni dignità, non riuscendo neanche a lavarsi in bagno.

Gary è un impiegato di banca ed è sposato con Caroline e ha tre figli,tutti maschi, svegli e brillanti. Gary è il figlio maggiore e soffre di depressione (per causa di moglie e figli che sfuggono di continuo al suo controllo, tanto che riescono a non essere presenti alle vacanze di Natale dai nonni). Lui è il figlio meno capito dai suoi genitori ed è naturale che provi invidia verso i suoi fratelli minori, e si rifugia in un materialistico egoismo, non riuscendo a capire fino alla fine della storia i suoi genitori (infatti lui è l’unico dei personaggi che non maturano alla fine, ma rimane come era fin dall’inizio della storia, anche per questo non ho avuto molta simpatia per lui).

Chip, il più intelligente di tutti (ma marcio dentro) è stato licenziato come professore per molestie sessuali su una sua alunna e il sesso e il ribellarsi alle regole sembrano il suo stile di vita, fortunatamente ha un angelo custode di nome Denise. Chip è il mio personaggio preferito, assieme a Denise. Sono riuscito ad empatizzare con loro due, su molti aspetti. Chip è il figlio preferito di Alfred, infatti quando ha bisogno di aiuto lo chiama anche quando sa che lui non c’è. E Chip sarà il personaggio che alla fine del romanzo cambierà completamente (anche troppo rapidamente) e deciderà di prendersi cura dei suoi genitori (ciò che non farà e che ci si aspettava facesse il primogenito Gary che invece ha voltato loro le spalle). Il bello di Chip è questo: come il figliol prodigo della parabola, dovrà prima toccare il fondo per capire i suoi errori e risalire la china, riscattando il suo passato da ribelle.

Denise è il personaggio, secondo me, più positivo e simpatico, è una chef autodidatta molto brava, ma ha un difetto, ovvero non riesce a relazionarsi col prossimo, dovuto soprattutto alla sua difficoltà nel venire a patti con la propria identità sessuale.

Tutti e cinque i personaggi che conosceremo leggendo questo romanzo hanno delle personalità diverse e complesse, dove è facile riscontrare sentimenti di comprensione alternati ad altri di fastidio e disgusto. Franzen sceglie di mostrarci l’animo di loro attraverso una minuziosa descrizione del quotidiano.

Le correzioni del titolo hanno un significato ambivalente: a un livello più immediato, come spiegato dallo stesso autore nell’ultimo capitolo del libro, esse alludono alle “correzioni” verificatesi sul mercato finanziario a fine anni ’90 quando il boom economico del decennio precedente inizia a dare segnali di crisi, influendo in qualche modo sulle aspirazioni coltivate da alcuni dei protagonisti. Ad esso si lega un significato più profondo ma chiaramente delineato nel corso dell’intero racconto sotto forma degli “aggiustamenti” che ognuno dei Lambert impone a se stesso e ai suoi familiari per aderire il più possibile ai valori tradizionali e conservatori che hanno costituito il fulcro della società americana del dopo-guerra.

Il romanzo è diviso in cinque capitoli (più una breve premessa, St. Jude e la conclusione con “le correzioni”):

1- Il fallimento (ci parla di Chip)

2- Più ci pensava, più si arrabbiava (ci parla di Gary)

3- In mare (ci parla di Enid e Alfred)

4- Il Generator (ci parla di Denise)

5- Un ultimo Natale (ci parla di tutti insieme e li mette a confronto)

LE CORREZIONICi accorgiamo che, ad ogni personaggio e/o protagonista, l’autore ci mostra come partendo da una situazione ideale e apparentemente sotto controllo, piano piano ci accorgiamo invece che inizia lentamente a sgretolarsi mostrandoci la miseria (e la debolezza) in cui è sprofondata la loro vita. Tutti toccano il fondo, come si suol dire, e in modo differenti – quando si riuniranno, a Natale, però, per alcuni di loro la vita sembra riprendersi e migliorare. E questo lo fa in modo magistrale, che potrebbe ricordarci autori del calibro di Salinger (l’impeccabilità stilistica), Dos Passos (l’universo narrativo) e John Cheever (la visionarietà domestica).

In conclusione credo che sia un buon romanzo, seppur risente di un pessimismo di fondo. Franzen si sforza di dissacrare i valori della società borghese e della famiglia tradizionale, il tutto condito dal binomio letterario americano di famiglia disfunzionale e tardo capitalismo. Se amate le famiglie del Mulino Bianco, allora non leggete questo romanzo, potreste rimanerne altamente sconvolti.

Non per caso all’inizio di questa recensione ho citato Tolstoj, e devo concludere nel dire che Franzen non è il nuovo Tolstoj che ha salvato la letteratura americana, o almeno non ancora. Ma è anche vero che Franzen sa scrivere, è uno scrittore di talento e di alta intelligenza. E non vedo l’ora di leggere Libertà, consapevole che trascorrerò delle piacevoli nottate di lettura.

 

Francesco Camagna