di Viviana Sammito

Quella che stiamo per raccontarvi è la storia di un uomo ucciso moralmente due volte: prima dal lavoro e poi dalla giustizia.

Oggi sta ancora rivendicando un suo diritto: la casa, quella che gli è stata tolta mentre era immobile sul letto, dopo essere stato vittima di un incidente sul lavoro. Sta anche cercando un’altra cosa, ma non sa se mai la troverà in un Paese dove il paradosso e l’incredibile sono il pane quotidiano: la Giustizia.

salvo buscema 2Salvatore Buscema, sciclitano, di Donnalucata, contrae un mutuo con la banca ma  un incidente sul lavoro lo costringe a stare a letto nell’aprile 2010 ed avere difficoltà a rispettare la cifra pattuita con l’Istituto di Credito. Ma lui non si abbatte perché ha una soluzione ma, suo malgrado, non viene accettata dall’istituto bancario. La sua casa viene svenduta all’asta mentre il suo ex socio di lavoro non si fa più vedere, dopo avere promesso di aiutarlo economicamente.

“Inizia il mio calvario giudiziario ad agosto del 2010  –  ha raccontato – quando mi vedo arrivare a casa un signore che si è presentato come curatore fallimentare incaricato dal giudice. Io ero immobile a letto, non potendo camminare per via dell’ incidente, chiedo cosa fosse successo e mi spiega che,  con un provvedimento preso dal giudice, la mia ditta era stata dichiarata fallita… inizia la mia avventura con la giustizia”.

Nel marzo dello stesso anno il signor Buscema ha chiesto un prestito alla banca, che gli viene concesso ma ad una condizione: che estingua un finanziamento dell’azienda garantito da un consorzio fidi, considerate le due rate scadute. “Facevo notare al direttore che le due cose non avevano nulla a che vedere  ma comunque parlando col socio ci mettemmo d’accordo che parte della rata venisse pagata dalla ditta”.

A Salvatore viene  concesso non un prestito ma un mutuo ipotecario di € 57.000.00. Le rate sono pagate regolarmente fino a luglio del 2010 ,  il socio non si fa più sentire e dunque Salvatore si affida alla banca chiedendo di chiudere il debito con 200 euro mensili anzicchè 500 perché la sua situazione economica dopo l’incidente sul lavoro crolla. Buscema percepisce  un indennizzo provvisorio, come infortunio sul lavoro, di € 650,00 al mese, ed è tutto quello che ha per mandare avanti la famiglia: moglie e due figli.

Il direttore della banca accetta il compromesso:  il mese successivo Salvatore  si reca in banca con la moglie per scoprire che l’istituto bancario  aveva impugnato il provvedimento ipotecario, perché la sua ditta è stata dichiarata in fallimento: dopo  quattro anni Salvatore si ritrova senza casa e  senza lavoro.

La casa è intestata alla moglie e così la banca e una ditta creditrice chiedono la restituzione del debito alla signora, che è anche garante del  mutuo.

“Non potendo pagare, viene un perito a casa, fa la valutazione dell’ immobile e vanno avanti con le procedure. La mia unica casa  –  ha ancora raccontato il signor Buscema – viene valutata intorno alle duecento mila euro: parte la prima istanza di vendita, la seconda,ecc”. Nel contempo Buscema tenta l’ennesimo accordo con la Banca chiedendosi: “ perché tanto accanimento, visto che io avevo detto che volevo pagare ma di mettermi in condizioni di poterlo fare?”  La Banca rispose che se veniva versata una parte del prestito,  veniva rifinanziato la restante parte. Buscema e la moglie  decidono di vendere la loro unica casa ed affittarne una a piano terreno, considerato che lui ha problemi di deambulazione. Non si può: la banca li frena. Secondo l’istituto di credito la famiglia Buscema non può vendere neanche solo il piano superiore, pur avendo trovato l’acquirente, perché tutto l’immobile è sottoposto ad un provvedimento giudiziario. Il signor Salvatore a quel punto si chiede: “perché allora il giudice la può vendere e io no?”

Con la vendita del suo immobile Salvatore non avrebbe garantito alcuna sicurezza al potenziale acquirente. La signora che vuole acquistare la casa si ritira. Ma c’è un altro acquirente: “ la suocera del titolare dell’agenzia immobiliare – ha dichiarato Buscema – .  La casa viene aggiudicata a poco piu’ di 43mila euro, a fronte di un valore di 200mila euro. Gli ufficiali giudiziari <<hanno anche messo mano>> nella casa della suocera, un’anziana di 80 anni.

La vicenda è stata messa a conoscenza, tramite una lettera inviata dal signor Buscema, al Papa, alla Corte Suprema Europea di Bruxelles, alla banca, al presidente del Tribunale, al Vescovo, al Capo dello Stato, al presidente del Consiglio.  Nessun riscontro.

I Carabinieri hanno voluto sentire la famiglia perchè vogliono vederci  chiaro sulla modalità di aggiudicazione della casa all’asta e ha aperto un fascicolo per verificare la legittimità del provvedimento.