Scicli Città dell’UNESCO luogo di partenza o perlomeno crocevia di nuove strade per reinterpretare possibili modi di vivere, rivalutando il senso del tempo e ponendo una riflessione seria  sui valori dell’Economia convenzionale, tracciando una strada che parta proprio dalla storia e dall’attualità, pur controversa, della Sicilia e  in particolare della Sicilia del Sud Est. Quel Val di Noto epicentro di nuovi movimenti culturali e stili di vita che debbono ancora approfondire la propria identità e trovare il giusto riconoscimento in una società globalizzata che ha bisogno di ritrovare i ritmi della vita che qui, forse, non sono mai stati perduti. Scicli, dopo l’ubriacatura  a base di primizie e il luogo di transito per le attività edilizie ha ora bisogno di reinventarsi una identità nella quale quasi a forza l’anno spinta la molla dell’UNESCO da una parte e il famoso Commissario dall’altra, entrando nella sua terza era, quella del turismo. In questo quadro in movimento, un po’ come accade per il calcio dove nel nostro Paese pare trovino autoreferente collocazione 56 milioni di allenatori, è fatale che ognuno voglia dire la sua, è questa è cosa non solo ottima, ma necessaria, purché non si importino i toni e persino i modi del peggiore calcio.

Per riprendere il concetto appena espresso, negli ultimi decenni la città di Scicli, grazie alla laboriosità dei suoi cittadini, ha compiuto un percorso preciso, che a partire dall’agricoltura e in particolare dalle produzioni in serra, è transitato dall’edilizia, area di impiego delle ricchezze provenienti dalla campagna e fonte a sua volta di movimento di capitali e manodopera. Oggi l’agricoltura è chiamata ad operare nei settori dell’alta o altissima qualità, perdendo del tutto, e questo è un fenomeno evidente, il carattere di massa che ha contraddistinto le produzioni sino agli anni ‘80- ’90. Similmente, l’edilizia dei grandi numeri è stata via via sostituita dalle ristrutturazioni di qualità. In ambedue i casi, non vi è chi non veda il turismo come nuova spinta  economica della città, con le produzioni di food and wine a fare da grande richiamo insieme ai preziosi monumenti e alla storia della Sicilia Iblea, dove Scicli si colloca non solo per geografia, ma per tracciati socio-culturali  che conferiscono al Val di Noto e alla sua gente connotati definiti, propri e differenti. Il tutto condito dal modo di vivere il tempo, fonte di grande e incolmabile diversità con le popolazioni di altre latitudini, che avvertono bene quanto questa caratteristica sia inimitabile più della stessa architettura barocca. Come ha ben dichiarato un illustre visitatore straniero nei giorni scorsi, “mettendo insieme tutti questi fattori il sud est Sicilia – loro non conoscono l’espressione “area iblea” – e in particolare la città di Scicli propongono uno stile di vita fatto di tempi e qualità che ormai è definitivamente perduto nel resto del mondo.

Tanti prendono casa a Scicli, tantissime  le ristrutturazioni edilizie, tecnologiche, ma sempre più rispettose (come da un recente convegno proprio al Site Mill di  Scicli), per questo tutto riporta al turismo e alle presenze esterne che spesso divengono residenziali per buona parte dell’anno.

Ma se il passaggio dalla terra all’edilizia è avvenuto in molto tempo ed in un certo senso è ancora in corso, il transito verso il turismo è iniziato da ancor meno, sta procedendo tumultuosamente, è ancora tutt’altro che metabolizzato, come testimoniano fra l’altro le abitazioni  che una dopo l’altra vengono attrezzate come case vacanza da cittadini di buona volontà, esattamente come allora taluni, dall’oggi al domani, si trovarono speranzosamente ad approntare serre e tralicci per pomodori.

E la fruizione dei monumenti, che ha reso famosa Scicli? Oggi vi operano almeno 3 gruppi, formati per lo più da giovani, ovvero le cooperative Tanit e Triskele, alle quali si unisce l’Associazione Balucu e Pagghiara, recente aggiudicataria del servizio di fruizione di 3 monumenti comunali  (sulle ineludibili procedure che hanno portato all’aggiudicazione si è già scritto con chiarezza per riparlarne ancora).

san matteoFra poco lo scenario della fruizione muterà consistentemente, con altri beni che verranno consegnati alla Città – come viene confermato dall’assessore Giampaolo Schillaci -, dalla Chiesa di San Matteo al Parco di Chiafura, per non citare l’ex Circolo di Conversazione, ove peraltro si trova la Stanza del Commissario e che tutto o in parte ancora attende il suo destino turistico  e, infine, il Convento della Croce, di proprietà regionale, sul quale sono puntati gli occhi del mondo UNESCO per farne un centro di attrazione internazionale che proietterebbe Scicli in un ambito la cui portata non riusciamo nemmeno a pensare.

Ma in città c’è anche altro, e anche fuori città, a cominciare dalla la stessa Fornace Penna, finalmente oggetto di investimenti con somme importanti, anche se ancora di gran lunga inferiori alla bisogna. Non si tratta soltanto di comprendere cosa fare di ogni monumento che via via diviene disponibile, ma di vedere con occhi completamente  diversi anche ciò che da tempo è fruibile, a cominciare dal prezioso scrigno di Palazzo Spadaro, a detta di molti ampiamente sottoutilizzato, così come la chiesa di Santa Teresa, infarcita di affreschi splendidi che non possono esservi pienamente goduti.