La Sicilia è terra di proteste, malcontenti e rivendicazioni. Per non farsi “rubare” il lavoro, le battaglie sono portate in campo  da Gela a Messina con un  grido d’allarme che travolge Ragusa.

Nella città del petrolchimico i cancelli sono chiusi per la protesta dei dipendenti: una situazione che ha messo in crisi anche le centrali petrolifere ragusane come Tresauro, Enimed, Irminio SrL che devono trovare accordi con altre raffinerie  pronte ad accogliere il petrolio prodotto nella zona dell’ibleo. Da Gela insomma è condizionata anche parte dell’attività di produzione di casa nostra. A Gela intanto  c’è il segretario generale della Cgil Rosanna Camusso e il segretario regionale della Cisl, Bernava per dire no alla chiusura della raffineria. In migliaia stanno partecipando allo sciopero generale proclamato dai sindacati, ci sono anche molto donne e mamme con i figli, pensionati e commercianti. “E’ indubbio che il piano che l’Eni – ha spiegato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – ha presentato è particolarmente pesante oltre che sbagliato rispetto a tutto il Mezzogiorno, ma questa è esattamente una delle ragioni per cui chiediamo invece all’Eni una politica industriale di sviluppo che parta dal salvaguardare questo territorio e questa raffineria che e’ uno dei territori più infrastrutturato d’Italia”.

A lanciare un avvertimento forte è il segretario della Cisl Sicilia Maurizio Bernava: “Non lasciate solo questo territorio e la Sicilia, ascoltate l’appello di questo movimento popolare, non costringeteci a farlo diventare un movimento di lotta permanente. Perché – avverte – se ci lasciate soli tra silenzi, inganni e bugie, l’unico strumento che ci resta è bloccare il metano che transita da Gela verso l’Italia e verso l’Europa”.

Le porte della raffineria di Gela sono chiuse da settimane: l’Eni vuole investire a Mozambico ma le condizioni imposte dallo stato al colosso non piacciono ai vertici che sarebbero costretti a bonificare tutta l’area per dismettere la centrale, un’operazione che si aggira su costi altissimi. Tra l’altro l’Eni ha revocato i 700milioni di investimenti per ammodernare l’impianto gelese.

Qualora l’operazione in Mozambico andasse in porto si suppone  che il gas trovato verrebbe venduto ai Paesi asiatici senza arrivare mai in Italia.

“Non vogliamo andare in Mozambico”, hanno scritto su uno striscione del corteo di mille lavoratori scesi in piazza a Gela. L’altra protesta odierna riguarda il popolo dei Forconi che sono tornati in strada, dopo la protesta eclatante che ha messo in ginocchio l’intera Sicilia nel gennaio 2012.

protesta forconi messina 1 protesta forconi messina 2Questa volta i Forconi hanno scelto un luogo simbolo: l’approdo dei traghetti al molo San Francesco a Messina, da dove passano le merci in arrivo e in partenza dalla Sicilia e con nessun blocco. Ma un gesto definito dagli autori dimostrativo: hanno scaricato a terra diversi chili di ortaggi e frutta, e in particolare dei pomodori ‘ciliegino’, provenienti da Tunisi.

“Il settore dell’agricoltura – ha spiegato il leader dei Forconi, Mariano Ferro – sta affondando, il problema è che nessuno fa niente. Spero che il governo nazionale faccia qualcosa perché siamo in ginocchio. Questo pomodoro che abbiamo gettato a terra viene da Tunisi e noi con i prezzi dell’Africa non possiamo competere.

Viviana Sammito