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Si stava giusto chiedendo se non fosse stata troppo avventata nell’accettare, senza tentennamenti, la proposta di salire su un attimo a bere qualcosa. Ma in effetti lui le era piaciuto subito, sin da quando in qualche modo era stata abbordata al party da cui ora stavano tornando. E a dire il vero anche lui sembrava parecchio interessato a lei. Pieno di premure, gentile, signorile nella cortesia…insomma, a farla breve, un vero gentleman. Occorre chiarire che lui era un bel tipo, affascinante nel portamento e nell’aspetto, vagamente somigliante a qualche attore hollywoodiano fintamente macho, reconditamente gay, soprattutto estremamente elegante nel vestire, sobriamente trendy. Lei invece, beh lei era un po’ anni ‘80, saltava subito agli occhi il fatto che indossasse delle abnormi spalline nere sotto il tailleur bianco, e anche i capelli anacronisticamente cotonati e ossigenati confermavano l’impressione, rossetto in tonalità eccessivamente carminio, orecchini in forma di larghi cerchi (raggruppati, più di uno per orecchio, appesi tutti sullo stesso punto) e borsetta lievemente borchiata. Per il resto non era affatto male, una bella ragazza anche lei, seppur appariscente nell’abbigliamento.
Così, come da classica storia di stupri e violenze, quando lui l’aveva invitata a salir su, lei era già così affascinata che non si era neanche chiesta se fosse il caso di accettare, a maggior ragione  poiché non lo conosceva per nulla. Il lettore stia tranquillo, non è la classica storia di stupri e violenze, semmai è molto più simile a quella della collezione di francobolli, o farfalle. Difatti lui aveva convinto lei proprio con la scusa di mostrarle una sua “specie di collezione particolarissima”.

Il primo dubbio le sovvenne solo nel momento in cui varcava la soglia dell’appartamento di lui, accedendo ad un corridoio d’ingresso misuratamente raffinato:
“…e se fosse un maniaco sessuale?”
Giusta remora avrebbe potuto essere, appena qualche minuto prima. Ma adesso poteva solo fungere da semplice ripensamento, tra l’altro infondato, visto che noi sappiamo benissimo che lei – alla fine di questa storia – non sarà violentata, derubata o altro di simile (almeno non nel senso comune che si vuol assegnare a tali termini…) e, lo dico con schiettezza, non avrà consumato alcun tipo di esperienza sessuale.

Lui, d’un tratto, le si rivolse:
«Vieni, voglio farti vedere una cosa…», e nel dirlo agì su una maniglia aprendo la porta.

La stanze delle torture? Era lecito chiederselo, da parte di lei…
Così prima di conceder fiducia strinse gli occhietti da miope e con fatica provò a guardare con circospezione l’interno del nuovo ambiente: un enorme lampadario a gocce di cristallo arancione troneggiava al centro della piccola stanza; alcune poltrone gonfiabili leopardate e moquette verde lussureggiante e alta in stile Amazzonia; queste furono le prime notazioni importanti da parte di lei. No, non sembrava una camera delle torture. Si avvicinò al ciglio della porta e osservò meglio: le mura erano ricoperte di carta da parati simil-granito-rosa-zebrato, ed erano ornate qua e là da sfavillanti paesaggi agresti in acrilico…sapete, di quelli che si trovano in vendita con lo sconto del 70% alle fiere di paese; un tavolino dalle vaghe e forse non volute sembianze falliche, rosso laccato; sul tavolino c’erano enormi pezzi in cristalleria stile swarosvki-dei-poveri (pinguini, farfalle, scrofe allattanti, coni gelato, elefantini, ancora involontarie forme priapee e/o di maldestri organi genitali vari, etc, etc). Lui nel frattempo si era chinato per avviare uno di quei cagnolini dal pelo assurdamente rosso che si muovono a scatti sotto l’impulso dell’insussistente ed esigua energia di un paio di batterie a bottone. La stessa fonte di energia doveva sicuramente alimentare una serie di calcolatrici Texas Instruments, poste l’una accanto all’altra come coltelli da collezione; poi c’erano altri oggetti dalle funzioni indefinibili, come i regali inutili di qualche zia insopportabile di qualche anno fa…in effetti appartenevano probabilmente a quella stessa classe di “giocattoli” in cui si potrebbe categorizzare il cagnolino dal pelo esageratamente rosso, in pratica qualcosa di molto simile a ciò che ancora sembra insensatamente in vendita presso alcuni commercianti di origine asiatica. La stanza era dunque zeppa di arredamenti inutili, almeno apparentemente.

Lei si voltò verso lui e scorse nel suo volto un qualcosa di fiero, come di soddisfazione. Un’espressione che durò pochissimo per cedere il posto immediatamente alla seria preoccupazione circostanziale, quella di chi deve prestare le dovute attenzioni al suo ospite (si ricordi l’episodio di Glauco e Diomede per comprendere l’importanza attribuita alla cordiale accoglienza dell’ospite, in un ambito geografico mediterraneo):

«Ma che maleducato, non ti ho neanche invitato a sedere… abbiamo ballato tutta la sera, sarai stanchissima.».

Non le diede neanche il tempo di rispondere, con un deciso ma gentile e morbido gesto la avviò verso una poltrona…un trono in effetti, tutto bianco, con la foderatura rossa e le merlature a forma di asso di mazze. Non poté fare a meno di sedersi, lei. Lui si compiacque e alzando un sopracciglio fece qualche passo indietro, sistemandosi proprio al confine tra la camera e il corridoio, mise una mano in tasca e tirò fuori una piccola macchina fotografica. Scattò la foto:   

«Perfetto! Assolutamente perfetto!», esclamò appagato.

E poi non successe nient’altro di notevole per tutto il resto della serata.

 

Gaetano Celestre