di Viviana Sammito

strage di capaciIl 23 maggio è una data incancellabile per gli italiani. La memoria della strage di Capaci – a cui seguì la barbarie di via D’Amelio in una rapida quanto disumana sequela criminale – è iscritta con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico”. Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato a Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone.

Questa è la foto che ci riporta indietro di 24 anni, con il dolore ma anche con la speranza. Speranza che qualcosa cambi, con il tempo. Anche se già a distanza di 24 anni la mafia continua a esistere e resistere, ha tentato di rialzare la testa ma la lotta alla mafia è sempre più forte. Più di prima.

23 maggio 1992: una data che nessuno dimentica, perché è una data che ha cambiato la storia del paese. Era pomeriggio quando il giudice antimafia Giovanni Falcone atterra a Punta Raisi, su un volo da Roma. Lo attendono la moglie Francesca Morvillo, la scorta: Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Cosa Nostra, che piazza 500 kg di tritolo due settimane prima dell’attentato, conosce i movimenti del magistrato. Le Fiat Croma e la Thema blindate imboccano con sirena e lampeggianti l’autostrada A2 verso Palermo. Al volante di una delle auto c’è Falcone, accanto a lui la moglie e dietro l’autista Giuseppe Costanza. Erano gli anni di Tangentopoli: degli attentati a Firenze, a Roma e a Milano, dell’uccisione di Salvo Lima. Falcone era già stato condannato a morte dopo che le condanne del maxiprocesso alla mafia nell’aula bunker di Palermo erano state confermate.

Falcone, uno dei protagonisti della stagione del processo, paga il prezzo del 41 bis: sei minuti dopo dall’uscita della scorta dall’aeroporto avviene l’esplosione sul cavalcavia. Giovanni Brusca, appostato sulla collina di fronte all’autostrada pigia il pulsante, avviene la deflagrazione che ha cambiato la storia dell’Italia. Muoiono gli agenti di scorta Vito Schifano, Antonio Montinari e Rocco Dicillo. L’auto guidata da Giovanni Falcone si schianta nel cratere profondo oltre un metro scavato dalla bomba. Il motore della Croma lo investe, la moglie Francesca è riversa sul cruscotto. L’autista Giuseppe Costanza è ferito, così come gli agenti della terza auto e altre 20 persone coinvolte nell’esplosione mentre transitavano sull’autostrada. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo muoiono un’ora dopo in ospedale. Il 25 maggio i funerali al duomo di Palermo. 55 giorni dopo la mafia uccide il magistrato Paolo Borsellino.

“Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, però, se avete il coraggio… di cambiare… loro non cambiano”.
Le parole di Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, il poliziotto della scorta di Giovanni Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo, rompono il silenzio e segnano una delle pagine più significative della storia italiana nella lotta alla mafia. Il potere del perdono, la forza di riscatto per il cambiamento hanno contribuito a scrivere un’altra bella pagina della lotta alla mafia…che nella riorganizzazione, prova a colpire, senza riuscirci.