da La Sicilia del 31 luglio

di Carmelo Riccotti La Rocca




 

Non vi sono ancora comunicazioni ufficiali riguardo la possibile cessazione dello sversamento di petrolio nei pressi dell’area del pozzo 16 di contrada Moncillè a Ragusa e, forse, la strada per arrivare al risultato è ancora molto lunga. Sin dal 27 aprile, tutti gli enti preposti al controllo sono stati attivati per effettuare dei sopralluoghi e degli esami in contraddittorio per verificare il grado di inquinamento del sottosuolo, con particolare riferimento al Torrente Moncillè che confluisce nel fiume Irminio. La messa in sicurezza è compito di Enimed che ha delimitato un’area di circa 5 chilometri lineari effettuando vari sondaggi nelle acque per verificare, appunto, il grado di inquinamento del sottosuolo.

In superficie, invece, la presenza di greggio nelle acque è stato da subito molto evidente. A coordinare gli enti preposti al controllo è la Prefettura di Ragusa che ha affidato il compito a Rosanna Mallemi, già dirigente dell’area immigrazione. “Ad oggi la Prefettura – ha spiegato a La Sicilia la funzionaria- dalla notizia dello sversamento ha tenuto tre incontri con diversi attori interessati ed altri se ne sono aggiunti nelle riunioni successive. Abbiamo coinvolto anche gli uffici tecnici regionali per avere dei pareri tecnici da parte di enti diversi dagli attuali controllori. Hanno quindi partecipato alle riunioni tre funzionari dell’Urig (Ufficio regionale per gli idrocarburi) dell’assessorato all’energia e dell’ufficio bonifica per iniziare a pensare alle attività di ripristino dei luoghi.




Nel corso degli incontri sono maturate delle richieste alle quali, debbo dire, l’Eni ha prontamente risposto come, ad esempio, la necessità dell’installazione di piezometri lungo l’alveo. Un lavoro molto importante è stato svolto poi l’Arpa di Ragusa che ha eseguito degli esami in contraddittorio e chiesto ad Enimed di mettere in pratica alcune misure per la messa in sicurezza dell’alveo”. Sull’argomento, quindi, abbiamo sollecitato la direzione regionale di Arpa Sicilia a rispondere ad alcuni quesiti a partire dalla presenza di petrolio a 20 metri di profondità rilevata da un piezometro: “il sondaggio attrezzato a piezometro, finalizzato alla valutazione della contaminazione del suolo e all’intercettazione delle acque di falda, in cui è stato evidenziato l’inquinamento da idrocarburi con tenori superiori alle concentrazioni della soglia di contaminazione- spiega l’Arpa-  è situato in prossimità dell’area Pozzo Ragusa 16. Sono tutt’ora in corso operazioni di messa in sicurezza da parte della società e per quel che riguarda le indagini ambientali, la stessa ha effettuato ulteriori sondaggi attrezzati a piezometri sempre nell’area pozzo Ragusa 16 e le relative analisi delle acque sotterranee intercettate, ad oggi, non hanno evidenziato superamenti della soglia di contaminazione. Sono in corso di realizzazione da parte della società Enimed ulteriori sondaggi lungo l’alveo del torrente Moncillè.

In atto- spiega ancora l’Arpa-  le acque del torrente prima della zona in cui è in corso lo sversamento sono deviate per evitare fenomeni di trascinamento del materiale oleoso verso il fiume Irminio. Le indagini effettuate avevano mostrato la presenza di idrocarburi nel torrente in prossimità della confluenza con l’Irminio mentre non ne era stata rilevata la presenza sul fiume. Sulla base di informazioni fornite dall’Enimed sono state recuperate, a giugno 2019, 315 metri cubi di materiale acquoso contaminato con un tenore di idrocarburi pari al 25- 35%.

Legambiente: dove è finito tutto il petrolio?

Le precisazioni della Prefettura e dell’Arpa sullo sversamento di petrolio in contrada Moncillè, chiarisce alcuni punti importanti, ma altri quesiti rimangono ancora aperti. Sappiamo adesso che, a giugno 2019, sono stati recuperati 315 metri cubi di acqua mista a greggio, ma non si ha contezza a quanto ammonti, in tonnellate, la perdita di petrolio. Il fatto che su otto piezometri installati solo uno ha rilevato presenza di idrocarburi a 20 metri di profondità, si può giudicare come un dato positivo o allarmante? Per dare risposte a questi dati tecnici, abbiamo chiesto un parere a Legambiente, sin dall’inizio interessata al fenomeno, che ha affidato la risposta ad Andrea Mutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico dell’associazione ambientalista. “In merito alla perdita del pozzo denominato Ragusa 16 di proprietà di Eni che va avanti ormai da diversi mesi- afferma Mutolo- mi sembra incredibile che ancora non ci sia certezza sull’entità della perdita e che si tardi ancora nel trovare la soluzione.

L’inquinamento fin qui trovato in uno dei piezometri monitorati e nel torrente Moncillè potrebbe essere solamente la punta dell’iceberg; la perdita vuol dire che si è infiltrata nel sottosuolo ed è entrata in falda, quindi l’area contaminata potrebbe essere molto più estesa sia come superficie coinvolta che come profondità raggiunta. Se fino ad oggi, secondo le stime dell’Eni, è stato possibile recuperare circa 315 mc di acque contaminate da idrocarburi la cui concentrazione è di circa il 30% (circa 100mc di idrocarburi quindi sono stati realmente recuperati), mi domando quante migliaia di metri cubi di idrocarburi è andata dispersa e ancora non si sa dove potrebbe essere andata a infiltrarsi. Bisogna urgentemente capire le quantità fuoriuscite e fare monitoraggi ed analisi più approfondite. In questo sollecitiamo le autorità competenti nell’accertare il danno ambientale prodotto e ci auspichiamo una seria applicazione della Legge sugli ecoreati e che finalmente valga il principio di chi inquina paga”. Intanto dalla Prefettura hanno confermata che presto si procederà alla chiusura mineraria del pozzo 16, nonostante la chiusura fosse prevista per il 2021.