Da La Sicilia del 29 giugno

di Carmelo Riccotti La Rocca




Legambiente ha presentato l’esposto in Procura per chiedere che la magistratura indaghi sullo sversamento di petrolio che, almeno dal 30 aprile scorso, si registra nel pozzo 16 di Eni interessando il torrente Moncillè, affluente dell’Irminio. A firmare l’esposto è stato direttamente il presidente nazionale Stefano Ciafani, questo per lanciare un segnale forte alle autorità giudiziarie, ma anche alla politica perché non si sottovaluti quanto sta accadendo. Per tenere alta l’attenzione sulla perdita di petrolio che si sta registrando nel capoluogo ibleo, sempre Legambiente, ha annunciato una tappa di Goletta Verde nella foce dell’irminio. Per Stefano Ciafani esistono delle responsabilità chiare che non possono essere nascoste e sottaciute.

Stefano Ciafani – direttore nazionale Legambiente

Quanto è grave ciò che sta avvenendo a Ragusa?

“Confermo che la situazione è molto grave, non a caso abbiamo deciso di fare l’esposto chiedendo alla procura di Ragusa di utilizzare la legge sugli ecoreati, una legge per la quale abbiamo lavorato per ben 21 anni e che ha inserito finalmente i reati ambientali nel codice penale e che permette di sanzionare duramente gli inquinatori. Il delitto ambientale prevede una reclusione fino a 6 anni, il delitto di disastro ambientale la reclusione fino a 15 anni e, inoltre, si sono raddoppiati i tempi della prescrizione. Questo per dire che oggi la magistratura può utilizzare le armi più potenti contro gli inquinatori che fino a 4 anni fa hanno potuto godere di una insopportabile impunità. Noi abbiamo fatto l’esposto perché siamo certi che per la situazione di Ragusa si possa arrivare allo stesso esito dell’indagine che abbiamo fatto scattare in Basilicata dove la stessa azienda, la fantasmagorica Eni, che investe in tutto il mondo, in Val d’ Agri, nel centro oli di Viggiano, si è persa a detta loro 400 tonnellate di petrolio dai serbatoi, cioè, pensi bene, una delle big company del petrolio non aveva nemmeno i serbatoi a doppia tenuta. Quell’esposto e le conseguenti indagini hanno portato all’arresto del responsabile del centro oli”.

Ha esordito dicendo che la situazione è grave, che elementi avete per affermare ciò?

“Che ci sia una perdita di petrolio da un pozzo a terra partita a fine di aprile e che ancora oggi non è sotto controllo è già un fatto molto grave. Veda, non stiamo parlando della “Mario Rossi Srl” che non ha le risorse economiche e le capacità tecnologiche per poter intervenire in una sezione così grave, ma parliamo di una delle principali multinazionali del petrolio, l’Eni, tra l’altro a prevalente capitale pubblico. Che l’Eni gestisca quindi l’emergenza di Ragusa con questa inadeguatezza lo riteniamo assolutamente insopportabile. Per questo motivo ho voluto firmare personalmente l’esposto, ritengo assolutamente vergognoso che una azienda così importante stia gestendo in questo modo l’emergenza a Ragusa”.




Una riflessione va fatta anche sui controlli

“Il controllo pubblico deve essere potenziato, ci sono tanti tecnici bravi, ma non sempre la politica mette le risorse e qualifica il lavoro delle Arpa. La responsabilità è delle Regioni che non mettono le agenzie deputate al controllo nelle condizioni di poter lavorare come dovrebbero. I controlli che si fanno nelle zone dove opera Eni, nel ragusano, ma anche a Gela, Augusta eccetera, non sono all’altezza della situazione, purtroppo gli interventi che si fanno in Sicilia non sono come quelli che si fanno in Veneto o in Lombardia, tutto ciò è inaccettabile”

La messa in sicurezza è a carico dell’azienda titolare del pozzo, gli altri enti devono controllare che tutto venga fatto a norma di legge, è per questo che se la prende così tanto con Eni?

“L’Amministratore delegato di Eni De Scalzi sarebbe dovuto già arrivare a Ragusa e chiedere scusa ai cittadini, invece non l’ha fatto così come non lo ha fatto in Basilicata.  Oggi l’Eni è quella che, tra le multinazionali del petrolio, Investe meno nelle rinnovabili. Un segnale importante, allora, sarebbe proprio cominciare da Ragusa dove, tra l’altro, c’è un clima idoneo perché si possa percorrere questa strada. Il petrolio ha rappresentato la fortuna di Ragusa anni fa, oggi è ora che si cambi direzione”

Non si trova la causa delle perdite, delimitata area di 5 km

In contrada Moncillè si lavora per arrestare le fuoriuscite di greggio e lo sversamento nelle acque dell’affluente dell’Irminio. Adesso, oltre alle fuoriuscite già note, tutte concentrate nell’area del pozzo 16, se ne è registrata un’altra monte. “Non sono più cospicue come all’inizio- dicono gli addetti ai lavori- ma comunque la perdita c’è ed è evidente”. Lo sversamento è anche vasto e lo si evince dalla zona delimitata che si estende per una superficie di circa 5 km, quindi non è cosa da poco. Il vero problema poi è che non si riesce a trovare la causa della perdita di greggio, per questo non si è in grado di arrestare lo sversamento. “Enimed – dice ancora un addetto al controllo- ha recepito gli input della prefettura mettendo in pratica maggiori azioni per la messa in sicurezza e per intensificare i sondaggi nelle acque al fine di verificare il livello di inquinamento anche nel sottosuolo. Sono state realizzate delle barriere di contenimento a monte e valle, messo degli assorbenti e si sta facendo una operazione di separazione del petrolio dalle acque”. Insomma, la situazione rimane molto complessa e non sembra di facile risoluzione. Per mantenere alta l’attenzione su quanto sta avvenendo in contrada Moncillè, Legambiente ha annunciato un blitz di Goletta Verde per il prossimo 21 luglio. La nave, che il giorno prima farà tappa a Pozzallo, fermerà davanti la foce dell’Irminio dove a gran voce di chiederà la risoluzione immediata della perdita di petrolio, ma anche la chiusura dei pozzi petroliferi a Ragusa. Per Legambiente è a rischio l’incolumità degli esseri viventi, nonché di tutta la biodiversità della zona adiacente la “Riserva naturale Macchia Foresta del Fiume Irminio”.