tratto da La Sicilia del 19 dicembre 2018

di Carmelo Riccotti La Rocca

Incatenato nel cancello dell’oramai ex proprietà dello zio per evitare l’esecuzione immobiliare. Con questo gesto di protesta Giovanni Occhipinti ha ottenuto ancora un rinvio dello sfratto in una vicenda che sta assumendo le caratteristiche di una telenovela.

Quello di ieri, infatti, è stato il terzo rinvio dell’esecuzione in una vicenda in cui ognuno delle parti, in qualche modo, si sente vittima di una ingiustizia.

A sentirsi così sono gli acquirenti che circa due anni fa hanno comprato all’asta la proprietà sita in contrada Guarnieri, sopra la frazione di Sampieri, una azienda agricola con annessi fabbricati dal valore stimato di circa 4 milioni di euro e venduta a 495 mila euro.




Con il provvedimento del giudice in mano, gli acquirenti reclamano il diritto ad entrare in possesso della proprietà. Vittima di una ingiustizia, però, si sente anche l’ex proprietario, Giorgio Occhipinti di 74 anni, al quale sempre il Tribunale di Ragusa ha omologato il piano di sovraindebitamento con l’accettazione del 97,5 percento dei creditori.

Nella sostanza, in questo momento, Giorgio Occhipinti sta pagando i creditori, ma al contempo ha perso la proprietà dalla quale, tra l’altro, dovrebbe derivare il reddito per pagare i debiti. E’ quindi un po’ come il cane che si morde la coda, una situazione paradossale che ha portato le due parti allo scontro in più occasioni. “Ho deciso di legarmi a questo cancello- ha spiegato Giovanni Occhipinti – perché ritengo che mio zio stia subendo una grave ingiustizia da parte dello Stato. Se lui ha sbagliato è giusto che paghi, ma un giudice deve dirci cosa dobbiamo fare, pagare i debiti o lasciare la proprietà?” Una domanda che ancora non ha avuto risposte e che porta a continui rinvii. “Se volessimo paragonarla ad una partita di calcio – dice ancora Giovanni Occhipinti- è come se ci trovassimo in pareggio a partita non conclusa e io non lascio il campo di gioco prima che l’arbitro fischi la fine”.

A suo fianco i Forconi, rappresentati da Mariano Ferro e Angelo Giacchi: “questa vicenda – afferma Ferro – è davvero paradossale, anomala, con una gestione da parte del Tribunale che non ha precedenti. E’ arrivata l’ora che si riponga l’attenzione sul fenomeno delle aste giudiziarie che sta colpendo particolarmente la Provincia di Ragusa, noi chiediamo con forza che venga modificata la legge cominciando dal mettere un tetto ai prezzi d’acquisto oltre il quale non andare. Non è concepibile che dei giudici ammettano ancora il prezzo vile, non si possono vendere le proprietà a meno del 10 percento dal valore stimato”. Dopo circa tre ore di concertazione tra le parti, con l’intervento anche dei carabinieri della locale tenenza, l’ufficiale giudiziario, dato che per la terza volta l’esecuzione è andata a vuoto, ha deciso di rimettere il provvedimento nelle mani del giudice per l’esecuzione che deciderà come procedere. Assente, durante le fasi dell’esecuzione e come accaduto il mese scorso, il signor Giorgio Occhipinti.




L’anziano imprenditore agricolo il 13 dicembre ha deciso di scrivere una lettera di suo pugno inviandola alla Procura; la lettera è un appello accorato ai giudici perché si eviti quella che anche lui definisce una ingiustizia facendo intuire anche di essere pronto anche ad un gesto estremo pur di salvare la proprietà che ha acquisito nel 1967. In quella proprietà di 40 ettari, oltre a terreni e capannoni, c’è anche la sua abitazione. Alla fine, dunque lo sfratto è stato evitato, per il legale dell’esecutato, Giorgio Danilo Giannone, si tratta di un rinvio importante che può consentire di attendere con più serenità le risposte da parte del Tribunale di Ragusa. “Siamo di fronte ad un caso unico in Italia – dice- il mio cliente ha già pagato alcune rate del piano di sovraindebitamento e, a gennaio, dovrà pagare la prossima, perché sfrattarlo? Delle due l’una: o paga i debiti o gli tolgono la proprietà, ma non è possibile che lo stesso Tribunale porti avanti due procedure che cozzano l’una con l’altra”.

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